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Una normale, misera ma ispirata, giornata del poet
Con la consueta precisione storico-filologica e con grande verosimiglianza, Santagata ricostruisce una normale giornata (il 13 ottobre 1368) dell’ormai anziano Francesco Petrarca, in quel di Padova, mentre ispirato compone la canzone “Standomi un giorno solo a la fenestra” (n. CCCXXIII del Canzoniere, dedicata alla morte di Laura, ricca di allegorie che Santagata ha avuto modo di analizzare in alcuni saggi). Ma niente di complicato: il racconto non mira a fornire un erudito commentario alla poesia, bensì a fare un ritratto realistico dell’uomo Francesco, in tutta la sua fragilità ed imperfezione. Ne esce l’immagine dissacrante di un vecchio lamentoso e insolente, che rutta, scorreggia, defeca, perde orina, puzza di sudore e di piscio, sputa semi d’uva sul pavimento, parla con la bocca piena di cibo, alza il gomito e maltratta la governante con cui divide un freddo e umido appartamento. Lui stesso conosce bene la distanza fra questa misera realtà e l’immagine pubblica di poeta laureato, come anche quella fra la sacra effigie di Laura celebrata nei suoi scritti e il volgare ricordo della donna, una “matrona sfiancata dalle gravidanze” con una “pancia gonfia che neppure si distingue dalle tette”. Appunto questa sua consapevolezza, unita a forti sentimenti di solitudine e all’angoscia per la perdita del figlio e di un amato nipote, lo rendono una persona concreta alla quale ci sentiamo empaticamente vicini.
Il testo, abbastanza breve, si legge con piacere, anche sapendo che ogni riferimento storico e letterario è assolutamente fondato e filologicamente aggiornato.
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