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Poco Cesare in un libro su Cesare
"Il nemico di Cesare" di Andrea Frediani è il secondo capitolo nella trilogia Dictator, incentrata sull'ascesa al potere di Giulio Cesare, anche se questo volume in particolare non concede troppo spazio al conquistatore romano, preferendo focalizzarsi sulle storyline dei personaggi secondari e -in alcuni casi- fittizi.
La trama segue i primi anni della guerra civile, che vede combattersi principalmente Cesare e Pompeo sui territori dell'Italia e della penisola balcanica, mentre i loro alleati si fronteggiavano nelle altre regioni conquistate da Roma. La descrizione delle scene di battaglia rimane l'unico aspetto positivo di questa serie, assieme alla fedeltà storica agli eventi; purtroppo questi due elementi non bastano certo per creare un romanzo soddisfacente.
Come anticipato, nel romanzo viene dato ben poco spazio ai POV di Cesare, come pure a quelli di Labieno (che dovrebbe essere il coprotagonista, basandosi sui titoli dei libri) e di Servilia, anche se in quest'ultimo caso trovo sia stata una scelta corretta. Lasciando da parte le battaglie, il grosso del volume si concentra su Quinto, Veleda e Ortwin, ossia uno dei triangoli amorosi più disturbanti di sempre; a onor del vero anche Aulo Irzio ottiene un po' di spazio a metà volume, ma le ripercussioni per il suo personaggio sono praticamente nulle nei capitoli successivi, quindi non capisco a cosa sia servito seguire il suo POV.
Mentre Ortwin ancora si dimostra un personaggio grosso modo apprezzabile, Quinto qui diventa ancora più detestabile: leggere i suoi pensieri è disgustoso e trovo assurdo come l'autore -per essere fedele alla figura storica- gli permetta sempre di cavarsela. Per Veleda volevo sinceramente provare simpatia, ma rispetto a "L'ombra di Cesare" sfodera una presunta determinazione che sfocia però nella totale stupidità e non si riesce proprio a giustificare le sue azioni.
Lo stile è un'altra nota dolente: sono presenti molte espressioni colloquiali come "D'accordo,... Del resto,... Ad ogni modo,..." inserite come fossero pensieri dei personaggi nella narrazione in terza persona; un altro aspetto migliorabile riguarda i dialoghi, che spesso risultano artificiosi e zeppi di infodump. Inoltre, tutti parlano con lo stesso tono e lessico a prescindere dallo status sociale o dal grado di istruzione, e ci sono termini come bluff o raid che stonano nettamente con l'ambientazione perché acquisiti dall'inglese ed entrati nel lessico italiano solo negli ultimi decenni.
Indicazioni utili
- sì
- no