Dettagli Recensione
Una saga famigliare
Sto leggendo “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci che narra la storia della famiglia Florio, ambientata nell’Ottocento in Sicilia. L’autrice ha una capacità incredibile di dare vita ai personaggi al punto che mi sembra quasi di conoscerli, come se fossero dei vicini di casa.
Il libro inizia con un incendio nella casa dove vivono Paolo, sua moglie Giuseppina, il figlio Vincenzo e il fratello Ignazio. I due uomini sono molto diversi: il primo è determinato e introverso, il secondo pacato e affettuoso. Vivono a Bagnara, un piccolo paese calabrese, dove Paolo non vede alcun futuro per la famiglia; decide quindi che si trasferiranno nella prosperosa Palermo dove hanno un piccolo negozio di spezie. Giuseppina non perdonerà mai al marito questa scelta e rimpiangerà tutta la vita il suo paese di origine.
Quando Paolo muore, Ignazio prende in mano l’attività e continua a vivere con il nipote e la cognata. Lui e Giuseppina si sono sempre amati ma rispetteranno la distanza imposta dai loro ruoli famigliari.
Vincenzo erediterà dall’amatissimo zio l’attività; è un ragazzo intelligente e scaltro che riunisce in sé la determinazione del padre e il rancore della madre che riverserà sui palermitani che non dimenticano le sue origini e gliele rinfacciano di continuo.
Con Vincenzo l’attività diventerà floridissima. Intanto incontra l'anima gemella che è animata dalla sua stessa passione e determinazione; è una donna seria, Giulia, che sarà umiliata dall’uomo che ama accettando di essere solo la sua amante perché lui ambisce a una donna più giovane e soprattutto nobile per essere accettato dalla società palermitana. Solo dopo aver partorito un maschio riuscirà a farsi sposare dal padre dei suoi figli.
Una storia alla” Buddenbrook “di Thomas Mann perché ha lo stesso ritmo incalzante e la stessa abilità nel dipingere personaggi e ambienti, nel primo caso austeri e nel secondo vivaci e rumorosi, odorosi di salsedine. Amore, passione, odio si mescolano con affari e denaro.
“Cannella, pepe, cumino, anice, coriandolo, zafferano, sommacco, cassia… no, non servono solo per cucinare, le spezie. Sono farmaci, sono cosmetici, sono veleni, sono profumi e memorie di terre lontane che pochi hanno visto”. Così comincia l’avventura palermitana della famiglia, con un’atmosfera di sogno e magia. Ma subito c’immerge nella realtà commerciale: “Per raggiungere il bancone di una rivendita, una stecca di cannella o una radice di zenzero deve passare per decine di mani, viaggiare a dorso di mulo o di cammello su lunghe carovane, attraversare l’oceano, raggiungere i porti europei. Ovviamente i costi lievitano ad ogni passaggio”. Pag. 32.
“Luce trabocca dalle finestre, allaga le scale, raggiunge i soffitti e precipita sulla tavola imbandita. Incendia i vetri di Murano, si adagia sulla porcellana di Capodimonte. La casa sembra esplodere di luce. Giulia, in abito da sera, attende l’arrivo degli ospiti. L’occasione è importante: è la prima volta che lei organizza una cena: si festeggia la nascita della società di cui Vincenzo - > suo marito < è così strano da dire- è stato promotore. È vero, si tratta di una cena tra soci in affari, un momento di convivialità tutta maschile. Ma gli ospiti sono tra i più importanti uomini d’affari di Palermo e non solo: ci sono anche nobili, gente con un titolo lungo quanto un braccio. Non può permettersi di sbagliare. È la sua parte di responsabilità: adesso è una Florio”. Pag. 290.
“Donna Giulia, grazie per l’invito”. È un’occasione straordinaria, questa.”. Lanza di Trabia, principe colto e di vedute aperte, proprietario di una delle dimore più eleganti di Palermo, sembra valutare con una sola occhiata il prestigio del luogo dove si trova. Ma non potrebbe essere diversamente. Sua moglie è una Branciforte. Nobiltà antica, di quelle che hanno fondato la città. Giulia si sente addosso il suo sguardo, cerca un sorriso da darle, qualcosa che ammorbidisca la severità del giudizio. Stefania Branciforte è una matrona vestita con un abito color amaranto. È avanti negli anni, e indossa gioielli antichi, che probabilmente appartengono alla sua famiglia da generazioni. Si guarda intorno come se avesse timore di sfiorare le pareti o i mobili, e a nulla valgono le occhiate di rimprovero che le lancia il marito”. Pag. 296.