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La pelle- la nuova bandiera da sventolare
"Non ha alcuna importanza" disse Jack "se quel che Malaparte racconta è vero, o falso. La questione da porsi è un'altra: se quel ch'egli fa è arte, o no."
Già, perché lo scrittore non è mai sincero e i suoi scritti sono sabbie mobili per chi cerca la verità dei fatti o ideologica: per chi cerca di capire chi era l'autore uomo e non l'autore artista, diventa invece terreno stabile per chi cerca la bellezza e la perfezione letteraria. Sotto questa lente ho letto "La pelle" e mi si è rivelata in tutto il suo splendore. Ambiguo il filo ideologico, molte cose che hanno stonato anche alle mie orecchie ma ingiustamente, perché mi focalizzavo su ciò che dovevo lasciare andare. Per fortuna ho raddrizzato la mia attenzione su ciò che davvero conta, perché ogni scrittore è figlio del suo tempo, spesso sporco dalla storia crudele.
Un'altalena continua questa lettura, sempre in bilico tra pietà e cinismo, solidarietà o accusa, fierezza e vergogna, vincitori e vinti, e che dipinge in maniera cupa ma nello stesso tempo allegra una città vinta, un paese vinto, un continente vinto. Napoli rappresenta lo stato d'animo e la situazione di tutta l'Europa, ha solo la (s)fortuna di essere tra le prime città "liberate". La libertà però è più forte dell'uomo che non la sa gestire, e infatti ne descrive lussuriosamente le conseguenza.
E' un libro in cui Dio manca, in cui ci si rifiuta di essere cristiani, in cui il Dio si cerca nella natura, nel Vesuvio, e Gesù lo si cerca tra coloro che sono morti nella guerra perché se non ce ne fossero allora tutto è stato inutile:
"Oh Jimmy, perché non vuoi capire che tutti quei morti sarebbero inutili, se non ci fosse un Cristo fra loro? perché non vuoi capire che vi son certamente migliaia e migliaia di Cristi, fra tutti quei morti? Lo sai anche tu che non è vero che Cristo ha salvato il mondo una volta per sempre. Cristo è morto per insegnarci che ognuno di noi può diventar Cristo, che ogni uomo può salvare il mondo col proprio sacrificio. Anche Cristo sarebbe morto inutilmente, se ogni uomo non potesse diventar Cristo e salvare il mondo."
Ci sono molti capitoli inquietanti. Alcuni per la miseria e la bassezza del popolo descritta, altri per le scene macabre e surreali, alcune delle quali si rivelano essere degli scherzi di cattivo gusto, altre delle messe in scena di tradizioni antiche, altre ancora di carattere misterioso ma nonostante questo, ho trovato la lettura agevole per via della preziosa prosa. I capitoli descrittivi sono delle perle vere e proprie in cui la ricchezza del vocabolario non diventa mai barocca, o fine a se stessa ma si intreccia a umanità con il risultato che resta impressa nel lettore:
"Il mare mi guardava fisso con i suoi grandi occhi imploranti, andando come una bestia ferita, ed io rabbrividii. Era la prima volta che il mare mi guardava in quel modo. Era la prima volta che io sentivo lo sguardo di quegli occhi verdi gravare su di me con una così pesante tristezza, con una tale angoscia, con un dolore così deserto. Mi guardava fisso, ansando, era proprio come una bestia ferita, aggrappata alla riva, ed io tremavo d'orrore e di pietà."
Impressionante il penultimo capitolo con la scena dei feti in laboratorio, un processo in cui viene accusato un feto mostro, che altro non è che Mussolini, e nel quale forse si legge un pizzico di dispiacere e desiderio di essere perdonato ma l'ambiguità domina anche questa scena e quindi difficile da interpretare ma bello e ingegnoso da leggere. Per me è un'opera d'arte e tanto basta per considerarlo uno dei romanzi migliori mai letti, soprattutto nel panorama italiano.
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Condivido, in toto. Ciao, Ioana.
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