Dettagli Recensione
Del perché sia un libro bello
Della famigerata lettera di Alessandro Manzoni, iniziatore del romanzo storico in Italia, al marchese D'Azeglio “Sul Romanticismo” (1823) tutti ricorderete le parole: “Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso mi sembra poter esser questo: che la poesia e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo.” La necessità, dunque, per fare letteratura, di un argomento legato al contingente, al reale; di un argomento capace di “scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale”, perché “sorgente del bello”, perché” il vero storico e il vero morale generano pure un diletto, e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è avanzata nella cognizione del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi di far nascere.”
Dopo aver vissuto sensazioni contrastanti, allontanamenti repentini e riappacificazioni altrettanto estemporanee , tanto da farmi dubitare di un qualsivoglia residuo di giudizio, mio, personale, nel leggere questo controverso testo cardine della nostra letteratura italiana del novecento, mi sento ora di poter affermare che oltre a essere un libro utile , esso sia pure un libro bello. Sì, avete ben compreso, un libro bello, inteso, ricalcando le parole di Manzoni, come un libro capace di esprimere il vero storico e il vero morale. Non sono giunta a questa convinzione facilmente, in maniera netta, pulita; tutt’altro anzi, perché la materia di questo romanzo storico è respingente, su più fronti, nel contenuto, macabro, grottesco, a tratti surreale e orrido come le peggiori visioni infernali; perché il rischio di leggerlo seguendo una qualsivoglia ideologia (basti , per tutti, ma non è l’unico, il binomio fascista/ comunista - partigiano)è molto elevato; perché ancora l’ombra del suo controverso autore è feroce: rischia di oscurare tutto. Leggere questo romanzo, a mio parere, per ben leggerlo, significa entrare in una dimensione asettica, come quella necessaria prima di un intervento chirurgico; leggerlo evitando dunque qualsiasi contaminazione e soprattutto leggerlo con gli occhi di un lettore non del narratario ipotetico che possiamo presumere possa essere stato il primo destinatario dell’opera. Noi non lo stiamo leggendo all’indomani del secondo conflitto mondiale, io personalmente non l’ho nemmeno vissuto, per mia fortuna, anche se ha lasciato viva memoria in mia madre ancora vivente e di conseguenza indirettamente anche in me; noi abbiamo la fortuna di una lettura meno ideologizzata della storia italiana, della stessa lotta partigiana anche se viviamo ancora in un’epoca di forti strumentalizzazioni ideologiche( basti pensare alle vergognose polemiche che hanno annebbiato il 10 febbraio scorso e l’incapacità generale di leggere ancora alcune pagine della nostra storia); noi siamo i lettori dell’oggi che possono solo, a mio modesto parere, ringraziare il dato oggettivo fotografato da Curzio Malaparte. Un Paese sotto una dittatura, un Paese vinto, un Paese infine liberato da un vincitore, un Paese sconfitto, sotto tutti i punti di vista; un Paese infine ammorbato dal male, come tutta l’Europa, ma, a ben vedere come tutto il mondo; perché non c’è distanza alcuna tra vinto e vincitore dove a trionfare è solo il Male. Una storia che non lascia spazio a espiazione o a redenzione alcuna ma che condanna, in una disfatta generale, qualsiasi ideologia, qualsiasi posizione: quella del vinto, quella del vincitore, quella del fascista, del comunista, del partigiano, del cattolico … è il trionfo della morte dell’uomo, del suo umanesimo schiacciato dalla guerra.
Sono dunque convinta assertrice della necessità di recuperare questo libro, di farlo conoscere, perché penso sia un libro profondamente coerente, leale, oggettivo e coraggioso per le posizioni espresse. È vero, non è un libro perfetto, a tratti è ripetitivo e disturbante, ma letto fino in fondo esprime una profonda umanità, un interesse vivo e reale per il bene del nostro popolo, non è un libro “bello” perché racconta l’orrore ma è un libro originale perché lo fa attraverso molteplici moduli stilistici e letterari, senza risparmiare il grottesco e il surreale, è un libro dall’intelligente ironia ma anche un libro doloroso. È l’esperienza di un uomo in un ennesimo viaggio al termine della notte; una notte che spesso è stata metafora della perdita dell’umanità. L’unico tratto peculiare che rende l’essere umano, o dovrebbe, renderlo tale.
Mi dispiace di non aver scritto niente di dettagliato e forse di utile ai fini di una recensione, posso solo sperare che le mie parole permettano ad altri di accostarsi , nella maniera corretta, a questo scritto che annovero, a livello stilistico, tra i più alti e belli, dunque, che mi sia capitato di leggere nella mia esperienza di lettura.
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Commenti
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Ci voleva una considerazione così sincera e così ben ponderata e di livello come sai fare tu. Apprezzo anche che tu sia andata oltre le ideologie che ci piacciano o meno, e abbia dato una spiegazione (che non è giustificazione) a dei passaggi che ci hanno lasciato perplessi!
Per il prossimo mese ho due titoli per il GdL, Laura!!
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