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Cronache dall'inizio della fine
“Ma chi è davvero questa gente? Dov’erano rintanati fino a ieri? Non è possibile che sia stato lui a far nascere queste folle di pantofolai che all’improvviso impugnano il bastone. E nemmeno la guerra. A essere sinceri, nemmeno la guerra può essere il padre di tutte le cose. Il virus che dilaga lungo la via Emilia, contagiando migliaia d’impiegati postali pronti a incendiare Camere del lavoro, deve essere stato preincubato in tempo di pace. Non può essere altrimenti. Nella guerra non sono rinati, la guerra li ha soltanto restituiti a se stessi, li ha fatti diventare ciò che già erano. Il fascismo, forse, non è l’ospite di questo virus che si propaga ma l’ospitato.”
Si può fermare su carta la Storia, racconto dei tempi, delle situazioni socioeconomiche, racconto dei movimenti di popoli e masse o della loro inerzia (che è spesso ignavia). Si può narrare la Storia italiana di quasi sei anni – quelli tra il 1919 e l’inizio del 1925 – apparecchiandola nei suoi eventi maggiori: la costituzione dei fasci, l’impresa di Fiume, i primi scontri violenti tra fascisti e socialisti, la nascita del partito fascista, la marcia su Roma, la formazione del primo governo presieduto da un fascista, l’assassinio di Matteotti. Oppure.
Oppure si può tentare un diverso racconto, quello dei fatti storici… che sono anche altro, frutto a volte di assolute contingenze, di umori, occasioni, coincidenze, persino casualità. Allora, la storia smarrisce la lettera maiuscola, ma assume un’altra visuale, e forse anche un altro spessore: è l’incoscienza indomita di Italo Balbo come l’abulia di Gabriele D’Annunzio alla constatazione che una città si conquista con un tratto di penna e non con la più eroica delle scorribande; è l’ignaro incedere di don Giovanni Minzoni come il buio insidioso attorno al quale sono accese la sigaretta e la luce da lavoro di Spartaco Lavagnini; è la camera d’albergo nella quale Margherita Sarfatti attende il suo animalesco protetto così come l’amore pratico delle lettere di Velia Matteotti a suo marito Giacomo; è l’alcool che scende lungo la gola degli squadristi maldisposti a restar seduti in una taverna come le parole spuntate di un’opposizione parlamentare che sta perdendo capacità e coraggio del suo ruolo (e questo sarà il suo contributo al peggio in arrivo); è il prodotto, e “l’avanguardia”, di tutte queste cose: è M. – figlio di un fabbro emiliano e del secolo in corso –, che sta per Mussolini Benito.
L’avvento dell’era fascista raccontato senza trascurare i fatti minimi, ed anzi attraverso gli indizi, i sentori, le avvisaglie, la cornice.
Nelle citazioni dirette di comunicati istituzionali e articoli di giornale, lettere private e dispacci alle prefetture, è l’humus della catastrofe quello che Antonio Scurati riesce a fissare nelle oltre 800 pagine di “M. - Il figlio del secolo”.
Il ritratto del fascismo, parto di tempi contraddittori, lo mostra contraddittorio esso stesso: si affiancano amor di patria e costituzione di milizie private, volontà di riformare le istituzioni e persecuzione del dissenso, esaltazione del duello cavalleresco e spedizioni punitive nelle campagne proletarie. Ma una cosa è chiara, senza contraddizione alcuna: allora come oggi, il fascismo è celebrazione della violenza, e se vi fossero dubbi l’imprimatur viene dalla bocca dello stesso Mussolini quando, parlando della libertà, ricorda ai suoi che è mezzo e non fine.
“Lui, allora, issa il mento verso l’orizzonte, gonfia il petto, tira le somme. Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è la forza. Non c’è mai stata altra soluzione nella storia e non ce ne sarà mai.”
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Commenti
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L'utilità, io credo, è nella possibilità di spiegare il fascismo (e l'humus in cui è nato) in sfaccettature che nei "classici" libri di storia è difficile trovare così ben descritte.
Nasce così la difficilissima domanda: se la letteratura possa insegnare storia nel suo significato più pieno. Sarei tentato di rispondere ancora di sì... non so come voi la pensate...
P.S.: rileggendo la tua recensione, Mian, mi sono accorto che nella citazione iniziale mi hai anticipato. Quel periodo ha colpito entrambi noi, non è vero?