Dettagli Recensione
Il passato, unico luogo abitabile
“Il passato restava l’unico luogo abitabile, la sola terra promessa “
“L’albatro” Simona Lo Iacono, ed. Neri Pozza, pag. 135
Come Antonno, uno dei personaggi del bellissimo romanzo di Simona Lo Iacono, “L’albatro”, che vive “a rovescio”, inizio a leggere il libro dalla nota e dal ringraziamento che vi si trovano alla fine: tanto basta per incuriosirmi, attrarmi e dunque parto in quarta, e questa volta dal principio, e quando sono costretta ad interrompere la lettura è un dispiacere che porta però con sé l’appassionata attesa, il desiderio di proseguire.
È giugno, sono in campagna, in una meravigliosa, tranquilla ed accogliente Toscana: il sole ed il calore sono un assaggio di quella Sicilia descritta nel romanzo, terra che conosco ed amo solo attraverso i suoi straordinari scrittori: De Roberto, Verga, Pirandello e la contemporanea Simonetta Agnello Hornby, per non citarne che alcuni.
Il romanzo, come spiega Simona Lo Iacono, è un’opera che “prende spunto dalle vicende reali del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa” l’autore de “Il gattopardo” ma è pur sempre un’opera di fantasia e dialoghi e riflessioni del suddetto principe sono invenzione della scrittrice e sono tante le affermazioni che mi colpiscono, mi intrigano, mi spingono verso altre riflessioni, mi emozionano, ed è così che la curiosità, l’interesse per la vita di quest’uomo straordinario, la descrizione delle abitudini di una classe sociale, quella dell’aristocrazia siciliana, in grande trasformazione negli anni a cavallo tra le due guerre mondiali e la filosofia e la poesia di cui è pervaso il romanzo insieme ad un lessico ricco, talora mutuato dal dialetto,mi fanno, affermare che si tratti di un’opera davvero straordinaria, che mi prende per mano e mi sussurra che ci sono scrittori contemporanei più che degni di attenzione.
È un romanzo alla ricerca del tempo perduto, un tempo nascosto nel cuore e nell’anima un luogo abitabile e che si può ritrovare solo scrivendo: “C’era un rimedio al tempo, ed era la scrittura “(pag. 215)
Maria Gabriella Colombini