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La macchina del vento
 
La macchina del vento 2019-04-22 15:19:04 Chiara77
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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    22 Aprile, 2019
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Ventoteneide

A coloro che pensano che la Letteratura italiana contemporanea di qualità sia finita e che per questo leggono soltanto classici o autori stranieri, vorrei consigliare questo libro. Soprattutto a chi apprezza il romanzo storico.
Siamo a Ventotene, isola in cui, durante il fascismo, venivano confinati gli oppositori al regime. C'erano socialisti, comunisti, sostenitori di Giustizia e Libertà, anarchici... Centinaia e centinaia di persone confinate in una piccola isoletta circondata dal mare, private della libertà perché avevano osato mettere in dubbio in qualche modo il fascismo, perché avevano, in una maniera o in un'altra, continuato a pensare con la loro testa e non si erano fatti zittire e piegare dalla dittatura. Una situazione certamente difficile da sopportare. Eppure la concentrazione di tante menti pensanti, di tante persone coraggiose pronte ad affrontare prove durissime pur di opporsi al fascismo generò comunque qualcosa di positivo: l'opportunità di confrontare idee, di farsi animare da miti personali e da fantasie, che contribuirono sicuramente alla rinascita di un'Italia e di un'Europa diverse.

«Alle proibizioni del libretto rosso se ne aggiungevano altre, in base al capriccio dei militi o del direttore. […]
Eppure, si pensava e si creava. Pasta-e-fagioli aveva concentrato lì molte tra le menti migliori nate nei primi vent'anni del secolo. Il regime non poteva pretendere che quei cervelli smettessero di funzionare. Nonostante le restrizioni, la censura, le angherie, quelle menti si influenzavano a vicenda.
E così, a Ventotene c'era più libertà di pensiero che nel resto d'Italia.
Tanta che poteva dare alla testa. »

Il narratore e protagonista della vicenda è un giovane originario di Ferrara, Erminio Squarzanti,
che non è riuscito a laurearsi in Lettere proprio a causa delle sue idee antifasciste. Erminio aveva già pensato alla tesi, “I mari Adriatico, Ionio e Tirreno e gli arcipelaghi d'Italia nei miti greci”, ma le sue argomentazioni, pur riguardando la Letteratura greca, erano troppo lontane dalle idee che potevano risultare gradite ai fascisti. E così, invece di laurearsi, era giunto sull'isola di Ventotene come confinato politico. Lì conosce molti antifascisti, alcuni, come Sandro Pertini, diventano per il giovane punti di riferimento. Occorreva infatti continuare a sperare e non abbattersi, perché il momento in cui sarebbero stati rilasciati e avrebbero potuto dare il loro contributo attivo ad un'Italia non più fascista, sarebbe arrivato presto.
Una mattina del novembre 1939 arrivò sull'isola un fisico romano, Giacomo Pontecorboli. Spossato dall'infelice condizione di confinato, Giacomo aveva attirato fin da subito l'attenzione di Erminio, che vi aveva riconosciuto alcuni tratti della sua stessa personalità. Quando Giacomo, dopo qualche tempo, racconta una storia del tutto assurda che sembra uscire dal romanzo di Wells, “La macchina del tempo”, Erminio e gli altri compagni non gli credono, ma poi... Forse la storia di Giacomo, al pari della storia di Erminio, non deve essere creduta, ma solo interpretata.

«Immaginarla era una cosa: l'essere umano può immaginare l'irreale, vedere il mai avvenuto, è questo a distinguerlo dagli altri animali. Non solo questo, certamente, ma anche. Ascolti una favola e vedi il lupo che parla con l'agnello, la rana invidiosa del bue, la sfida tra la lepre e la tartaruga. Leggi un romanzo e vedi i personaggi mai vissuti amarsi, combattere, tradirsi, morire. Leggi l'Odissea e vedi Atena assumere le sembianze di Mente, di Mentore, di Telemaco...
Immaginarla era una cosa. Ma crederla vera, quella scena con la macchina del tempo, era un altro paio di maniche.»

Non ha importanza se le storie di Giacomo e di Erminio siano reali o soltanto immaginate: sono delle metafore del pensiero dei dissidenti, di chi non voleva conformarsi al regime. A Ventotene il tempo scorreva davvero più velocemente perché le idee di chi non voleva arrendersi al fascismo e voleva costruire un futuro diverso aprivano il tempo stesso a nuove possibilità.

«Noi siamo come Pirra e Deucalione. Trascorremmo anni su un'arca nel Tirreno, mentre un diluvio sommergeva il vecchio mondo. Quando fu il momento di scendere, venne ad accoglierci Atena, dea delle guerre per giusta causa. Le chiedemmo nuovi compagni e compagne, per riprendere la lotta. Lei ci fece gettare in aria una pietra dopo l'altra, e le colpì col suo scudo.
Dopo il diluvio, la Resistenza.
Ogni pietra un partigiano. »

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