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Una nuova avventura per Fra'Svampa
Egitto, Deserto a sud-est dell’oasi di Siwa, 22 gennaio 1616. Kitab e Butrus. La fortuna o forse la malasorte, uno strano luogo, una cassa oblunga realizzata in legno e inserita in una nicchia scavata nella roccia, una maledizione, una maledizione di pietra.
Roma, via Giulia, anno del Signore 1625, 23 Novembre. Fra’ Girolamo Svampa che ha ancora i conti aperti con Gabriele Salluzzo, suo nemico mortale, viene coinvolto nell’indagine su una suora benedettina, suor Matilda, figlia del suo bravo Cagnolo Alfieri, il quale non credendo alle supposizioni di una fuga volontaria per amore attraverso una rocambolesca arrampicata nella ceppa del camino, il più grande, oltretutto, dei disonori, rischia la forca per essersi illuso di poter raddrizzare, facendosi giustizia da solo, il torto subito. Per salvarlo da morte certa e per il legame che li unisce Girolamo cerca di ritardarne e evitarne la condanna capitale e cerca di far luce su una sparizione che è tutt’altro che chiara.
Giunto nella città ambrosiana l’inquisitore si rende contro sin dal principio di trovarsi di fronte ad un muro di silenzio e di menzogna. Prima a mentire è niente meno che Suor Teresa, colei che all’interno della dimensione della clausura è chiamata a rivestire i ruoli più autorevoli di controllo e di umanità. Per riuscire a far luce sui fatti lo Svampa non può fare a meno che chiedere aiuto a Margherita, la femme fatale dai lunghi capelli rossi che non esita un attimo dal tentarlo al peccato. E sarà proprio grazie al suo aiuto che l’inquirente verrà alla luce non di uno bensì di due misteri: un primo avente ad oggetto una monaca deceduta e rinvenuta in uno stato di pietrificazione, un secondo avente ad oggetto una monaca murata viva in una cripta per aver ceduto alla carne. Chi è questa seconda religiosa? Non è niente meno che suor Virginia Leyva, figlia di don Martino de Leyva y de la Cueva-Cabrera, conte di Monza e amico del re di Spagna, ovvero la celebre Monaca di Monza. Un doppio enigma a cui si aggiunge un misterioso pedinatore, due uomini maledetti in un deserto non poi così lontano, uomini alla ricerca di giustizia, un ampio spazio-temporale e geofisico.
«La capacità di descrivere è una qualità rarissima, spesso soppiantata dalla pretesa di riportare agli altri non quel che abbiamo visto, bensì quel che crediamo di aver visto o, ancor peggio, quel che vorremmo aver visto.» p. 140
Con una penna rapida, fluente, precisa e erudita, Marcello Simoni torna in libreria con un nuovo capitolo delle avventure dedicate a fra’ Girolamo Svampa e dona al lettore un testo di grande piacevolezza che conquista sin dalle prime battute. L’opera è caratterizzata da un intreccio narrativo solido, lineare, logico, con personaggi ben strutturati, ma è anche ricco di ponderati colpi di scena che incuriosiscono il conoscitore tanto da indurlo a divorare il componimento.
Simoni conferma la forza del suo personaggio attraverso un elaborato stratificato e nuovamente di gran fascino e originalità. Una lettura godibilissima.