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I Medici. Una dinastia al potere
 
I Medici. Una dinastia al potere 2018-11-29 14:16:45 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
1.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
1.0
Piacevolezza 
 
1.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    29 Novembre, 2018
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Contessina mia, quanto ti desidero

Per fare un frutto ci vuole un fiore, come ci insegna un noto ritornello. Ma per fare un romanzo storico non ci vogliono per forza dei termini aulici. Questo basilare concetto sembra sfuggire al buon Strukul che ha deciso anzi di farcire questo volume di latinismi e vocaboli desueti già nel Quattrocento e non solo nei dialoghi, dove un simile linguaggio avrebbe avuto ragion d’essere, ma anche nelle descrizioni, rendendole se non pedanti sicuramente ridicole.
E quello appena citato è soltanto il primo della -purtroppo- lunga serie di problematiche da me riscontrate durante la lettura di questo romanzo che, come la Newton Compton non si stanca di ricordaci con le sue immancabili fascette promozionali, si è guadagnato il Premio Bancarella 2016.
Assegnato per la prima volta nel ’53 ad Hemingway per “Il vecchio e il mare”, tale riconoscimento nel corso degli anni ha visto sul gradino più alto del podio romanzi di innegabile valore letterario, tra i quali lo splendido “Olive Kitteridge” di Elizabeth Strout; con queste informazioni wikipediane alla mano, due possibili alternative si palesano all’orizzonte: “I Medici - Una dinastia al potere” è un romanzo splendido che la mia limitatezza non mi ha permesso di comprendere, oppure gli altri finalisti erano ancora peggio. Temo sia la seconda.
La storia inizia con... ecco, già scrivere qualche riga sulla trama mi mette in difficoltà. Si potrebbe semplicemente dire che il romanzo ripercorre le vicende della famiglia Medici dalla morte del “patriarca” Giovanni fino a quella del figlio minore Lorenzo, avvenuta nel periodo di maggiore lustro per i banchieri fiorentini. In realtà gli avvenimenti sono presentati in modo molto sconnesso, quasi fossero degli episodi a sé stanti, come capitava ne “Il guanto di rame” del duo Black / Clare; i vari elementi non si amalgamano in una storia uniforme, bensì vengono presentati al lettore individualmente, risultando quali asettici.
Asettico è un aggettivo che ben si sposa anche con i dialoghi di questo romanzo, che si dividono in due categorie: brevi e dal lessico informale, quasi contemporaneo, oppure oltremodo prolissi, veri e propri monologhi che nemmeno abili oratori pronuncerebbero in modo naturale e spontaneo. Questi dialoghi rendono difficile anche istaurare un minimo di empatia con i personaggi, in particolare con colui che dovrebbe essere il protagonisti.
Nei suoi momenti migliori Cosimo è freddo e distaccato, caratterizzazione che ben si accorda con l’interpretazione di Richard Madden nella recente serie TV (un mio commento telegrafico? sopravvalutata); purtroppo, come protagonista è poco riuscito, specialmente perché non è sempre al centro della narrazione e per la sua natura che è contemporaneamente buona, giusta, saggia, magnanima, mite, caritatevole: praticamente un Gary Stu fatto e finito. Non fosse sufficiente, questa sua innaturale perfezione si trasmette per osmosi ai suoi familiari, rendendoli altrettanto noiosi agli occhi del lettore.
L’unico che mi sento di salvare, almeno per pietà, tra i dottori toscani è Lorenzo. Quest’ultimo è la trasposizione umana di Paolini Paperino: mentre Cosimo / Gastone vive prospero sotto lo sguardo benevolo della dea bendata (UOT?), il povero Lorenzo arranca nelle difficoltà a dispetto dell’impegno e della buona volontà, obbedendo agli ordini del fratello senza fiatare e finendo sempre in mezzo agli scontri. Per rendere l’idea, la sola occasione in cui una bella donna gli fa gli occhi dolci è per tentare di ucciderlo!
Ironicamente gli antagonisti sono ben più sviluppati ed interessanti dei “buoni”, soprattutto quelli inventati dall’autore, ossia Schwartz e Laura. Per quanto eccessivamente sopra le righe, i loro personaggi sono i soli a funzionare e questo la dice lunga sul romanzo, visto che sono rispettivamente un assassino spietato ed una veggente puttana, No, non scandalizzatevi per questo appellativo perché è lo stesso Strukul a definirla così in ogni occasione, anziché ricorrere a termini meno offensivi. D’altro canto questo volume è una continua escalation di violenza fisica e psicologica, anche nei confronti dell’innocente lettore! Alcune scene sono però tanto esasperate da far nascere una risata anziché un brivido di terrore: cosa dire ad esempio di Rinaldo degli Albizzi, forte di un sicario formidabile (sempre Shwartz, sì), che affida la missione di uccidere Cosimo a due soldati imbranati? Non si può che ridere alla loro cruenta quanto prevedibile dipartita.
Con sfacciato ottimismo, mi sforzerò di trovare un paio di elementi positivi per questo romanzo. La narrazione si sofferma sulla storia dei personaggi, anche secondari, tentando di dar loro un poco d’introspezione psicologica; inoltre sono evidenti i tentativi di descrivere le ambientazioni con taglio poetico... ho scritto tentativi non risultati, eh. Un aspetto non proprio positivo ma di certo utile a rendere veloce la lettura è la scelta di creare dei capitoli brevi.
Ma torniamo ai problemi, in particolare per la mancata revisione: ci sono passaggi immotivati dal tu informale al Voi formale, pensieri racchiusi nelle virgolette solo in alcuni casi e una ripetizione quasi ossessiva di verbi -e relative declinazioni- quali allagare, dilagare, annegare, affogare. Spesso inseriti a sproposito (chi è mai stato allagato di sudore al collo?), il loro continuo comparire tra le righe mi aveva fatto credere ci fosse un motivo stilistico o storico alla base di questa scelta.
Invece no.

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Commenti

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Da fiorentina sono assolutamente d'accordo con te infatti questa serie l'ho bocciata sin dal principio. Non ne ho salvato nulla.
Grazie per il tuo commento.
Sei fortunata a poter interrompere questa serie: a me hanno regalato i primi tre libri, e si aspettano ovviamente delle opinioni post-lettura!
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