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Un'originale figura di sindaco.
Siamo naturalmente a Bellano, teatro di tutti i cimenti letterari di Andrea Vitali che, in questo romanzo collocato negli anni dell’ultimo dopoguerra, racconta, da par suo e con la consueta verve ironica, la storia di un singolare personaggio. Non appartiene, come tanti protagonisti di altre opere, al popolino scanzonato che tira a campare tra beghe di paese e farseschi litigi familiari, ma ad un ceto che l’autore di solito trascura, quello dei notabili di paese, gente con un’infarinatura di cultura e con mansioni di responsabilità. Stranamente non si tratta del maresciallo dei carabinieri (questa volta proprio non entra a far parte del gioco, neppure marginalmente) né del prevosto di cui, se ben ricordo, non v’è traccia, ma del sindaco di Bellano, anzi del Sindacone: così viene chiamato Angelo Fumagalli, ragioniere e sindaco democristiano per acclamazione, personaggio che spicca nel racconto per caratteristiche fisiche e umane non comuni. E’ di bassa statura, pingue, addome prominente, gambe corte e piedi dissimili l’uno dall’altro; l’aspetto sgraziato è però bilanciato da un carattere gioviale e pacioso, da un cuore tenero e dall’abilità di reggere con sagacia e abilità le sorti del paese governato. La sua sfortuna è quella di avere una moglie, Ubalda, che lo comanda a bacchetta e che in seguito, divenuta completamente sorda a causa di un incidente, si isolerà sempre di più chiudendosi desolatamente in sé stessa . Il Sindacone troverà consolazione e affetto da una singolare figura di donna, tale Cesetti Perlina, costretta da vicissitudini della vita a campare con il mestiere più antico del mondo solo per una clientela generosa e selezionata: gli ultimi passi citati nel titolo sono quelli del Fumagalli che, in una serata invernale, lascerà le impronte sulla neve recandosi a casa dell’amica. Non svelerò il seguito, un susseguirsi concitato di eventi che coinvolgeranno gli assessori comunali, l’amica ospitale, la sua gemella Luisetta ed altri personaggi marginali, come sempre tratteggiati magistralmente.
Il romanzo non ha forse il brio di altre opere, il dialetto del posto è quasi assente, sembra che l’atmosfera risenta delle conseguenze della guerra finita da poco e che la vita normale stia poco a poco riprendendo con fatica i ritmi vivaci di sempre: si coglie però una nuova vena nello stile letterario dell’autore, una sorta di sottile e delicato romanticismo che ben si concretizza nella costruzione del personaggio principale, il Sindacone, una figura d’altri tempi, piedi storti e gambe corte ma dalla vita retta e dal cuore tenero.