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Che cosa è stata la Resistenza
Nella sua introduzione Sebastiano Vassalli scrive fra l’altro: “L'Agnese va a morire è una delle opere letterarie più limpide e convincenti che siano uscite dall'esperienza storica e umana della Resistenza. Un documento prezioso per far capire che cosa è stata la Resistenza [...]”. Sono d’accordo, tanto più che in copertina, se pur a caratteri ridotti, c’è una frase che ritengo determinante per comprendere la portata di questo libro: “Per non dimenticare che cosa è stata la Resistenza”. Sì, perché al di là della purtroppo ricorrente retorica con cui ai giorni nostri viene commemorato questo vasto movimento di popolo i giovani non sanno che cosa sia stata la Resistenza e, francamente occorre ammetterlo, questa lacuna è spesso presente non solo nella precedente generazione, peraltro nata nell’immediato dopo guerra, ma anche chi per età anagrafica è stato testimone della stessa. E così libri come “La messa dell’uomo disarmato” di Luisito Bianchi e questo L’Agnese va a morire di Renata Viganò, rappresentano due scrigni preziosi il cui contenuto è da assaporare con lentezza, quasi centellinandolo, ma alla fine le idee saranno più chiare e sarà possibile comprendere veramente ciò che è stata e ciò che ha rappresentato la Resistenza. Agnese, un’umile lavandaia, che lavora anche per il marito Palita, impossibilitato a sostenere il lavoro dei campi in quanto di salute cagionevole, è un essere umano, anche poco istruito, ma che è in grado di comprendere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è bene e ciò che è male, per puro istinto. Indifferente alla guerra, all’occupazione tedesca, quando i nazisti le strapperanno il marito, comunista, per avviarlo al lager (morirà nel corso del viaggio) si trasforma e adesso che sa da che parte sta il bene e da che parte sta il male inizierà a sconvolgere la sua esistenza nella consapevolezza di essere nel giusto. Non è un’idea politica che la guida, è molto di più, è la ribellione della sua coscienza che le impone di dedicarsi anima e corpo alla lotta partigiana, che la porta a considerare quei ragazzi che così tanto rischiano come i figli che non ha mai avuto; il suo istinto, al riguardo, è come quello del contadino che sa quando è l’ora di procedere all’aratura o di seminare. Massiccia, con il cuore affaticato, Agnese è uno di quei personaggi che incontrati per strada paiono insignificanti, ma che conosciuti bene si rivelano straordinari, gente che non esita a sacrificarsi per qualcosa che sentono molto al di sopra di loro. La sua morte non ha nulla di eroico (di lei rimane solo un mucchio di stracci neri sulla neve), non si è immolata in un’azione disperata, non ci saranno medaglie alla memoria, eppure quella morte vale più di una battaglia vinta, perché in quella conclusione a cui eravamo preparati c’è tutto lo spirito di sacrificio di una donna che ha anteposto la libertà alla sua vita.
L’Agnese va a morire è semplicemente un romanzo stupendo che resta nel cuore.
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