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Ai confini del mondo
Carlo Levi iniziò a scrivere “Cristo si è fermato a Eboli” il giorno di Natale del 1943, a Firenze. Erano passati già alcuni anni da quando l'autore aveva vissuto l'esperienza che si stava accingendo a mettere per iscritto. Non siamo di fronte ad un romanzo ma ad un memoriale, in cui Levi ricorda dei fatti reali accaduti a lui stesso e descrive, con uno stile notevole, ambienti, persone e società di un paesino della Lucania degli anni Trenta del Novecento.
Carlo Levi infatti, nato a Torino nel 1902, era un fervente oppositore del fascismo e fu condannato al confino in Basilicata, dove rimase negli anni 1935 e 1936. “Cristo si è fermato a Eboli” è il racconto di questo periodo trascorso in un luogo che all'autore sembrò lontanissimo dalla realtà sociale, culturale ed antropologica in cui era vissuto fino a quel momento. Iniziò la sua avventura rimanendo qualche settimana nel paese di Grassano, da cui fu poi allontanato e spedito nel più remoto e, se possibile, povero, Gagliano. (In realtà il nome esatto del paese è Aliano, ma nel testo di Levi si trova scritto, secondo la pronuncia locale, Gagliano). Carlo Levi era laureato in medicina ma non aveva mai esercitato la professione di medico, era invece un pittore e sicuramente era un intellettuale. Fu accolto in modo caloroso dai contadini di quelle terre che si resero subito conto che lui, pur avendo poca esperienza in campo medico, era comunque molto più informato, colto, attivo e in grado di curare rispetto ai “medicaciucci” inetti, incompetenti e parassiti che spadroneggiavano nel paese.
Il nostro autore, come un atipico ma ottimo studioso di antropologia culturale ci fa conoscere quel luogo lontanissimo dalla storia, dalla civiltà, dalla speranza, dal progresso e dalla libertà. La sua è un'analisi lucida delle cause che avevano provocato in quella parte d'Italia tanta povertà ed arretratezza e non mancano delle riflessioni su un possibile miglioramento di tali condizioni. L'opera non si limita però ad essere soltanto una razionale trattazione della “questione meridionale”, Carlo Levi sa descrivere in modo magistrale luoghi, persone, usanze, modi di fare, superstizioni e credenze, tanto che al lettore sembra quasi di essere ancora là, in quel mondo lontanissimo, quasi mitico, primitivo, duro e difficile ma in fondo anche affascinante perché in un certo senso magico.
Perché leggere o rileggere oggi “Cristo si è fermato a Eboli”? Alla fine non possiamo negare che la situazione descritta da Levi sia completamente cambiata, per fortuna. E' impressionante la descrizione fatta dalla sorella di Levi di Matera:
“ Io guardavo passando, e vedevo l'interno delle grotte, che non prendono altra luce e aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall'alto, attraverso botole e scalette. Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono ventimila persone. Di bambini ce n'era un'infinità. In quel caldo, in mezzo alle mosche, nella polvere, spuntavano da tutte le parti, nudi del tutto o coperti di stracci. Io non ho mai visto una tale immagine di miseria: eppure sono abituata, è il mio mestiere, a vedere ogni giorno diecine di bambini poveri, malati e maltenuti. Ma uno spettacolo come quello di ieri non l'avevo mai neppure immaginato. [...]”
Chi potrebbe riconoscervi la splendida cittadina che sarà capitale europea della cultura nel 2019?
Eppure questo testo può ancora dirci molto, sullo sfruttamento, che purtroppo non è certo scomparso, sul desiderio di libertà, sulla necessità di essere una buona comunità in cui tutti gli uomini siano veramente considerati esseri umani.
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Commenti
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Ottima recensione, Chiara! :)
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