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L’ultima battaglia di Eustachius von Felben
Iniziata con La Croce perduta, seguita da La battaglia sul lago ghiacciato, la trilogia del cavaliere dell’Ordine Teutonico Eustachius von Felben si conclude con La setta dei mantelli neri. E’ una saga avvincente, ambientata nel XIII secolo, in cui rifulge la figura di questo monaco guerriero alle prese dapprima con i mongoli, poi con i russi di Alexander Nevsky e ora con la rivolta dei già assoggettati e convertiti al cristianesimo Galindi, con l’aggiunta di una terribile setta, quella dei Mantelli neri, che ha la sua base in un’isola di uno dei laghi Masuri, dove uno sciamano compie rituali arcaici e sacrifici umani. Per riassoggettare i Galindi occorre eliminare questa entità del male, impresa ardua, difficilissima, ma se l’incarico di una missione quasi impossibile viene affidato a Eustachius von Felben si può essere certi che i risultati non potranno che essere positivi. Fra battaglie all’ultimo sangue, fughe nella foresta, marce negli acquitrini dei laghi Masuri si sviluppa questa nuova storia che completa e segna l’epilogo appunto della trilogia, perché Eustachius riuscirà nell’impresa, pur restando gravemente ferito, al punto da formulare un voto nel caso di sua sopravvivenza e cioè basta sangue e battaglie, ma l’inderogabile necessità di trascorrere gli ultimi anni di un’esistenza bellicosa nel silenzio e nella preghiera. E dato che che il nostro eroe si salverà, appare ovvio che non ci saranno altri romanzi con lui protagonista. Ce ne duole, perché il personaggio è riuscito, desta simpatia e rispetto, è in grado di esercitare un ascendente non solo sui confratelli, ma anche sul lettore, pagina dopo pagina sempre più avvinto dal protagonista e dalla storia narrata. Guido Cervo ha indubbiamente una grande inventiva, ma non gli difettano altre doti, perché riesce a ricreare perfettamente ambiente e atmosfera e, attento anche ai particolari, affianca a Eustachius figure perfettamente delineate che suscitano immediate simpatie, oppure un vivo sdegno, a seconda che si tratti di amici e alleati, oppure di nemici. Se al romanzo non si può chiedere troppo, perché in presenza di una storia avvincente non c’è molto spazio per contenuti rilevanti, senza che però vi sia banalità e anzi troviamo una generica, ma ferma condanna della guerra, è altrettanto vero che le ore scorrono veloci, come la lettura, senza che ci sia un momento di affaticamento, e che alla fine ci si senta appagati, consapevoli di aver trascorso piacevolmente un po’ del nostro tempo.