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I maneggi per arrivare all’altare
C’è qualcuno che ha voluto vedere dei richiami manzoniani in quest’opera che si può tranquillamente definire un romanzo storico, ma mi sembra francamente eccessivo e, soprattutto, non corretto, giacché del lavoro del grande Manzoni non ha assolutamente nulla, nemmeno, magari anche solo in parte, la trama. Un matrimonio mantovano è invece una testimonianza storica di quella che è stata la civiltà contadina, con i suoi riti e le sue superstizioni, emblemi probabilmente indispensabili in un mondo legato alla terra a tal punto da esserne parte, soggetto ai capricci del tempo e all’oneroso lavoro proprio del contadino.
La vicenda è quella relativa al matrimonio di Felicita, figlia di un coltivatore della terra che è riuscito a elevarsi al rango di padrone. Ma, prima dello sposalizio, c’è tutto un periodo di tempo necessario per la ricerca del futuro sposo e, una volta trovato, per riuscire ad accalappiarlo.
I maneggi, gli artifici, le piccole trappole poste in essere sono la parte migliore di un libro che si fa anche apprezzare per la capacità dell’autore di descrivere un piccolo borgo e i suoi abitanti. Il paese, sito nel mantovano, si chiama Gazzuolo, dove appunto Nuvoletti è nato e dove il padre, ingegnere, nonché conte, aveva diversi fondi agricoli. I nuovi Renzo e Lucia come potremmo definire, sono figli del popolo, per quanto diventati abbienti in forza del duro lavoro dei genitori, e sugli stessi è imbastita l’intera struttura, con il corollario di una serie di personaggi che si possono trovare solo nelle piccole realtà. Dunque, in questa Italia del 1912, epoca della storia, l’autore, ovviamente conte pure lui come il padre, preferisce rendere protagonisti due individui che si potrebbero definire della nuova borghesia, non omettendo però la peculiarità dei nobili e quindi inserendo nella vicenda le figure di una vecchia marchesa vedova e di un conte avanti con gli anni, smaliziato per i trascorsi giovanili, ma paternamente benevolo. E se da un lato l’attribuzione di una certa benevolenza alle figure degli aristocratici rientra in un comprensibile desiderio dell’autore di farli apparire diversi, protettivi, autorevolmente presenti, dall’altro sembra volerci dire che si tratta delle ultime figure di una classe sociale in decadenza e che il turbine della seconda guerra mondiale avrebbe spazzato via.
La mano dell’autore è leggera, la lingua italiana è utilizzata come si deve, la trama è avvincente e la lettura, sempre gradevole, corre veloce, pur necessitando di qualche sosta per opportune riflessioni, per un tentativo di paragone fra un mondo così lontano e il nostro, fra un’epoca in cui il tempo pareva scorrere lento e la nostra in cui le lancette girano troppo velocemente. Quello era un mondo in cui i contatti fra giovani degli opposti sessi dovevano seguire un rigido cerimoniale, fatto agli inizi di occhiate, di pudici e brevissimi sorrisi, per arrivare con gradualità al fatidico giorno del matrimonio, dopo il quale tutto era concesso.
Un matrimonio mantovano, la cui lettura all’inizio incuriosisce, ma che poi, procedendo sempre più celermente, appassiona è quello che si potrebbe definire un autentico gioiellino.