Dettagli Recensione
Top 10 opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Il miracolo delle parole
Fra i soppalchi di una libreria c’è una statua lignea del XVI secolo raffigurante la Madonna, e per la precisione Santa Maria delle Battaglie. In quella camera c’è anche un letto dove dorme, in attesa di un quasi impossibile, ma tanto bramato risveglio Federica, una ragazza vittima di un incidente stradale che l’ha ridotta in quello stato comatoso. Tutto si fa perché esca da quell’immutabile torpore: la televisione sempre accesa, l’infermiera che continua a parlarle, ma c’è anche chi comunica con lei in silenzio, in ciò pregata dalla madre dell’inferma: è quella statua che le narra dei suoi avi, una storia stupenda che ha appreso dai versi del cantastorie Colantonio Occhiostracciato. Quella camera fa parte di una villa in cui vivono, separati dalle loro passioni, i genitori di Federica, lui un filosofo, per sua natura portato a una vita quieta e riflessiva, lei una giornalista, continuamente in prima linea.
In pratica là si consumano due drammi: quello di una giovane bellissima che ormai vegeta e quello di un uomo e una donna uniti solo dall’incomunicabilità.
Per quanto diverse le cause, uguali sono gli effetti; il silenzio fra i coniugi si intuisce, pare un fatto ormai assodato e assolutamente impossibile da sanare; poca speranza c’è per il risveglio di Federica, ma nondimeno la Madonna delle Battaglie continua a parlarle, perché in ciò è stata pregata da Magdalena, la madre della ragazza. Le vicende degli avi, di quel figlio, che da scapestrato diventerà un difensore della cristianità, figlio nato da una relazione pressoché incestuosa fra zio e nipote, gli scontri inevitabili fra gli spagnoli che comandano in meridione e i francesi che vorrebbero soppiantarli con l’aiuto dei Turchi, hanno un ritmo incalzante, proprio dei romanzi d’avventura, ma non tralasciano tuttavia di soffermarsi sul senso della vita, su quella ricerca affannosa che anima e divora non pochi uomini. E in questo contesto prende corpo una tenzone fra Braccio Cacciante (questo è il nome del figlio del peccato) e il famoso pirata Khair ed-Din, il Barbarossa, dapprima per una donna, ma poi per dare un senso alle loro esistenze. La sfida continuerà, una volta morto Braccio, con suo figlio Belisario, diventato un virtuoso dei fuochi pirotecnici, ma anche in questo caso senza che uno prevalga sull’altro, perché è troppo importante avere nella vita qualcuno con cui misurarsi.
Se I fuochi del Basento mi aveva impressionato, entusiasmandomi, questo Santa Maria delle Battaglie é stata un’emozione continua e crescente, perché, al di là della vicenda narrata, non si può restare indifferenti alla creatività visionaria di Raffaele Nigro che porta perfino davanti agli occhi del lettore lo spettacolo mozzafiato dei fuochi d’artificio, grazie a uno stile di rara efficacia, con una scrittura che sembra scivolare sul foglio. La capacità descrittiva è quasi incredibile, tanto che le scene si susseguono come in una pellicola cinematografica. Ci sarebbe da dire che a ogni pagina si attende il miracolo della Madonna, ma il miracolo, così come auspicato, cioè la guarigione non ci sarà, eppure possiamo parlare tuttavia di miracolo, di un qualcosa di speciale che risiede nella forza delle parole, capaci di far ricordare il passato e quindi di consentire agli uomini di essere artefici del proprio presente e del futuro.
Mi piacerebbe aggiungere qualche altra considerazione, perché il romanzo merita tanto, ma per quanto cerchi dentro di me sono sopraffatto da un’emozione intensa, da quel senso di entusiastico appagamento che mi coglie quando ho la certezza di aver letto un capolavoro.