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Lorenzo de’ Medici nei primi anni di signoria
Il decennio 1469-1479 vide eventi epocali per la vita di Firenze. Nel 1469 Piero de’ Medici, ormai vecchio e malato, cede la guida della città ai due figli Lorenzo e Giuliano, il secondo ancora adolescente. Di fatto, perciò, Lorenzo si troverà ad affrontare da solo terribili crisi politiche, come le ribellioni di Prato e Volterra. Soprattutto quest’ultima, con la terribile strage che perpetrarono i mercenari dopo la caduta della città, segnerà tragicamente il primo periodo della sua signoria. Ma il punto di svolta sarà determinato dalla congiura de’ Pazzi con l’assassinio di Giuliano e lo sconvolgente bagno di sangue che ne seguirà. Parallelamente anche la vita privata di Lorenzo è agitata; divisa com'è tra l’amore passionale per Lucrezia Donati ed i doveri coniugali verso Clarice Orsini, discendente della potente famiglia romana.
Questi sono gli argomenti che si è trovato a trattare l’A. Quindi c’era materiale in abbondanza per un corposo romanzo storico in cui le passioni politiche si alternassero a quelle personali dei protagonisti. Tra l’altro in questo periodo agirono alcuni dei più grandi artisti del Rinascimento, da Andrea del Verrocchio, a Botticelli al giovane Leonardo, che, proprio in quegli anni, comincerà a stupire il mondo per il suo genio e la sua abilità stilistica e di ricercatore.
Questo volume, secondo di una trilogia dedicata alla famiglia fiorentina, poteva essere perciò un romanzo di grande interesse, ricco di eventi e di pathos. Purtroppo è solo una diligente (fino ad un certo punto) ricostruzione dei fatti senza alcuna anima; il cui unico interesse consiste in un comodo ripasso storico di quegli anni.
Lo stile, che vorrebbe essere aulico e magniloquente, in realtà è solo gravido di un’enfasi manieristica e di stucchevoli luoghi comuni. La narrazione, suddivisa in capitoli brevi, risulta sgranata come in un rosario e priva di quella necessaria fluidità che consenta al lettore di appassionarsi alle vicende descritte. La stessa congiura de’ Pazzi che avrebbe dovuto essere il punto più alto della storia viene così pesantemente sminuzzata, per mostrare il punto di vista dei vari protagonisti, da perdere unità e consistenza. Quindi, nonostante la tensione narrativa di questi ultimi capitoli risollevi un poco il piattume generale del libro, ciò è insufficiente ad aumentare di molto la gradevolezza del racconto. Spesso, anzi, viene spontaneo saltare interi paragrafi per giungere alla fine del capitolo e tirare un sospiro di sollievo con una pausa.
I singoli personaggi sono sbozzati con l’accetta in modo approssimativo e manicheo, con i “cattivi” che incarnano la quintessenza del male e si mostrano ridicolmente rozzi e brutali in ogni loro atteggiamento ed i “buoni” sempre eleganti nei modi oltre che nei sentimenti. Ometto di infierire evitando di segnalare i passaggi nei quali il romanzo cade nell'umorismo involontario come quando Leonardo, aggirandosi per una Firenze impazzita per l’odio, si fa strada con la sua fida balestra da fianco, né più e né meno fosse un Gary Cooper in “Mezzogiorno di fuoco” armato della sua Colt.
In conclusione un romanzo che delude qualsiasi aspettativa che un lettore amante dei romanzi storici poteva farsi. E, visto il soggetto trattato, ciò è un vero peccato mortale.