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La libertà della pazzia
La protagonista del romanzo, la siracusana Lucia Salvo, è realmente esistita e di lei parla Luigi Natoli nelle sue Cronache e leggende di Sicilia, in cui si racconta che fu inviata dalla città natale a Palermo a casa dei Ramacca, una famiglia nobile antiborbonica che di lei si servì per comunicare messaggi segreti ai reclusi del carcere dello Steri. La ragazza riuscì nello scopo fingendosi sciocca, anzi meglio ancora babba, cioè pazza. E fin qui il romanzo è fedele alla storia, ma poi ne diverge per arrivare a descrivere un personaggio straordinario, ben diverso da quello vero, che ha costituito solo lo spunto per una narrazione di più ampio respiro in cui si pone in evidenza come in una società cristallizzata, immobile nei suoi riti e nella sua struttura, necessariamente chi va oltre questi confini invisibili, ma invalicabili, non può che essere considerato pazzo.
Nell’opera Lucia Salvo è epilettica, malattia ancora sconosciuta nel XIX secolo, tanto che per le crisi improvvise e imprevedibili che la caratterizzano veniva considerata alla stregua della pazzia, ma se “il fatto” come tutti, lei compresa, chiamano l’attacco che le provoca convulsioni e le dà la sensazione di morire per poi rinascere, è una condanna che si porta appresso, per il resto è una donna, anzi una fanciulla di soli 16 anni, di grande lucidità che sa vedere, sa capire e sa anche provvedere. Una vicenda che può sembrare anche banale, una protagonista che potrebbe essere il ritratto di una donna qualunque nelle mani di Simona Lo Iacono assumono un crescente spessore, sono quasi un grido di libertà, libertà in un mondo così chiuso da far pensare che i pazzi siano quelli che lo abitano e non invece Lucia, la cui saggezza e la cui indipendenza quasi autarchica non possono non restare in ombra, e se poi aggiungiamo le crisi epilettiche va quasi da sé che per lei l’avvenire non sia che fra le quattro mura di una cella del manicomio. Se il personaggio di Lucia Salvo resterà indimenticabile nel lettore ciò sarà anche in forza delle comparse che l’autore ha saputo metterle sapientemente intorno: i conti Ramacca, con il padre, uomo di una doppiezza incredibile, e il figlio, dall’inappagabile appetito sessuale alle cui attenzioni Lucia reagirà con un morso, i nobili Agliata, con il padre bigotto e la giovane figlia che cerca invano un matrimonio di suo gradimento, il castrato signorino alla ricerca di un’identità nuova che gli consenta di vivere quasi come gli altri nonostante la perduta virilità e il nano Minnalò, factotum della famiglia Ramacca, in particolare del conte figlio, tutte figure che sono emblemi di ruoli ben precisi in una società ammuffita e decadente.
Lucia Salvo a suo modo fu un’eroina nei moti del 1848, ma, grazie alla penna di Simona Lo Iacono, diventa il simbolo di un mondo nuovo, un tenue chiarore che annuncia l’alba in una notte buia e senza luna.
Da leggere, indubbiamente.