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Eleonora de Fonseca e la Napoli di fine Settecento
“Tutta la vicenda sua, e l’universo, finiti con lei. Cosa poteva rimanerne? I versi? […]nulla in paragone a quelli di Metastasio, Rolli, Parini. Di costoro, forse, qualcosa resterà. Fra cent’anni, duecento […]! Ma di me? Nada de nada. Il resto di niente.”
No, Lenòr, non è vero che di te e della tua vicenda non sia rimasto niente.
I duecento anni sono trascorsi, tra gli inevitabili sobbalzi e scossoni della Storia, e a essi s’è aggiunto persino altro tempo, durante il quale il tuo ricordo non si è spento.
Di te, oggi, rimane tanto, più di quanto tu stessa avresti osato sperare: le tue parole, anzitutto, sopravvissute su carta, i tuoi pensieri, idee nuove per quei tempi ancor vecchi, i tuoi “meu Deus” un po’ da bambina, il tuo amore per la cultura e lo sconfinato desiderio di apprendere, conoscere, capire; “la bellezza rara dell’ingegno e dell’anima”, come forse ti avrà elogiata uno dei tanti amici che affollavano le stagioni della tua vita, di una donna che non faticava a trovare spazio in mezzo agli uomini proprio in virtù del suo cervello, il tuo saper guardare lontano, il coraggio nell’affrontare le conseguenze di ogni tua scelta, fino all’ultimo.
“Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”, si dice tu abbia avuto la forza di pronunciare sul patibolo: non forse, bensì di sicuro è utile ricordare ciò che accadde a te e alla migliore intellighenzia di quella terra che fin d’allora avrebbe potuto avere la possibilità di seguire un percorso diverso da quello che invece l’ha condotta all’oggi.
Mi piace pensare che ancora si aggiri qualcosa di te, della tua essenza più profonda, tra i vicoli e le strade della tua Napoli tanto amata con tutte le sue contraddizioni, i suoi ordinati disordini, gli odori intensi, i suoni e i colori che si protendono verso lo spettacolo straordinario del golfo, all’ombra di quel vulcano “grande e indifferente” che riempì il tuo sguardo fin dal primo approdo.
Peccato che tu non abbia visto il nuovo secolo, a varcare la cui soglia ti mancò davvero poco… Chissà se ti sarebbe piaciuto così come poi è stato; probabilmente, in parte, l’Ottocento delle nuove tendenze culturali, di cui forse percepisti il sapore nella sinfonia del giovane Beethoven ascoltata poco prima della fine, non di certo quello della restaurazione politica dopo le disillusioni della Rivoluzione francese e l’ubriacatura delle gesta napoleoniche.
Ovunque, tuttora, ci sarebbe bisogno di donne come te, Lenòr: autentiche, straordinarie nella propria semplicità, tante cittadine Fonseca che potrebbero ridare significato ai giorni di un mondo troppo spesso disattento, superficiale e ingiusto che davanti a sé ha ancora innumerevoli battaglie da affrontare.
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