Dettagli Recensione
romanzo debole
Matilde, per grazia di Dio se è qualcosa, di Rita Coruzzi, ed Piemme (2015)
Non si può che provare simpatia per la giovane autrice, Rita Coruzzi, ma come scrittrice di romanzi ha ancora molto da maturare. I personaggi hanno una psicologia elementare, ma nello stesso tempo incerta; a volte parlano e si comportano in modo inverosimile, come Enrico IV a sei anni, appena diventato imperatore. I dialoghi sono scolastici, le descrizioni generiche e di maniera, gli interventi della voce narrante banali. C’è una gran quantità di parole superflue, soprattutto nei dialoghi. Se il libro avesse la metà delle parole, forse sarebbe migliore. (Cosa ci stanno a fare gli editor, se non per evitare le sbrodolature degli scrittori alle prime armi?) I fatti storici narrati sono più o meno quelli che si trovano sui libri di storia, ma l’atmosfera mentale, gli ambienti e il linguaggio sono davvero poco in sintonia con l’XI secolo. Matilde guerriera, che cavalca in battaglia mozzando teste e trafiggendo grappoli di nemici, potrebbe trovare luogo in un poema cavalleresco o in un manga giapponese, ma non in un romanzo che vuole essere storico. La protagonista e molti altri personaggi sbandierano ad ogni pagina una fede religiosa, che però appare priva di qualsiasi profondità spirituale. Di ben tre matrimoni si asserisce che, per contratto nuziale, devono rimanere esenti da rapporti carnali. Quei matrimoni erano politici e i rapporti tra i coniugi di certo saranno stati difficili, ma la clausola della astinenza sessuale è una pura assurdità storica. L’astio riservato al Gobbo risulta scarsamente motivato. La sua ragione starà forse nelle motivazioni ideologiche o psicologiche nell’autrice; forse ella ha voluto farne il bersaglio di una attuale indignazione contro la violenza sulle donne, ma tale intenzione non riesce ad trovare vera consistenza letteraria.