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La speranza
A leggere il breve stralcio riportato nella quarta di copertina si sarebbe indotti a credere che I giorni dello sgomento sia uno dei non pochi romanzi aventi per tema la resistenza e di ciò non ci sarebbe da meravigliarsi, attesa l’attitudine di Fiorella Borin che del romanzo storico ha fatto il suo pane. E invece, mano a mano che scorrono le pagine, ci si accorge che, pur nell’ambientazione storica di quel tragico periodo italiano, l’opera presenta caratteristiche diverse. Senza rinnegare i valori della resistenza, di questa guerra civile che insanguinò per quasi due anni il nostro paese, il romanzo affronta una tematica molto più ampia e, purtroppo, sempre di attualità: l’insensatezza della guerra.
Non ci sono eroi, ci sono solo esseri umani con le loro paure, ma anche con la loro dignità, ci sono quei sentimenti sempre presenti, che magari si rafforzano in tempo di guerra, quali l’amore e l’amicizia. Sono umili della cui umiltà fanno la loro bandiera, persone come tante che incontriamo durante la vita e di cui nemmeno ci accorgiamo. Le figure di questi tre reduci dalla disastrosa campagna di Russia, accolti freddamente dalla gente del loro paese in quanto sconfitti, danno la giusta misura dell’impotenza di ogni uomo di fronte a qualcosa di troppo grande per lui e che non potrà mai capire; i tre sono sgomenti, ma quel che sanno è che l’amicizia è più forte di ogni astio e di ogni odio e che la guerra, che li ha offesi fisicamente e moralmente, è un’orrenda realtà con cui misurarsi ogni giorno. Sì, ogni giorno, perché il loro paese sarà devastato da un grande bombardamento, con numerose vittime, e poi perché, dopo l’8 settembre del 1943, con l’occupazione tedesca, la nascita della Repubblica Sociale Italiana e la ribellione che prende sempre più piede, la tanto auspicata pace sarà solo un ricordo. In poche, pagine le ultime, c’è tutta la sofferenza di quel periodo nelle scorrette prose del diario di Luigino, che frequenta con scarso profitto le elementari, c’è un abbozzo infantile di resistenza che non è un NO deciso verso il nazifascismo in quanto ideologia contraria, ma è un’avversione per quanto di male ha comportato il suo avvento, soprattutto per la guerra che ha scatenato. E, nelle riflessioni che chiudono l’opera, in Cesare, padre di Luigino e unitosi ai partigiani, c’è l’amarezza per la tragica fine dei suoi due compagni in un silenzioso e immaginario colloquio con loro, ci sono i patimenti morali per aver dovuto lasciare la famiglia e per aver dovuto battersi contro degli altri italiani; eppure, proprio perché domani può essere un altro giorno, alla voce dolente di Cesare segue quella meno malinconica di Mariella, sua moglie, che chiude il libro con una speranza, vale a dire che tutte quelle sofferenze non siano state vane e che un giorno i loro discendenti possano vivere in un mondo migliore, un mondo senza più guerre.
I giorni dello sgomento, proprio per la sua atipicità, per la pacatezza che si alza dalle righe, per il messaggio universale che porta è un romanzo che merita di essere letto.