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“Penserò e parlerò accussì”
Settembre 1877. In qualità di nuovo Ispettore Capo dei Mulini arriva a Vigata il ragionier Giovanni Bovara, un siciliano cresciuto ed educato a Genova, con l’incarico di sostituire i suoi due predecessori, morti in circostanze non propriamente naturali. Dal Nord porta i suoi pensieri in dialetto ligure, un incorruttibile senso del dovere e un’apparente ingenuità che lo induce immediatamente a mettere il naso in una rete di loschi traffici mafiosi e a farne candida denuncia. Ed è così che Giovanni, trovatosi per caso testimone di un omicidio, finirà intrappolato in una ragnatela di furbizia e omertà, tessuta ad arte per incastrarlo. Per provare a salvarsi, non rimane che una possibilità: cominciare a pensare e parlare in siciliano.
Andrea Camilleri prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto, citato da Leopoldo Franchetti in “Politica e mafia in Sicilia” del 1876, e attorno a questo episodio costruisce una serie di personaggi e storie parallele che vanno a comporre una trama ricca e di piacevolissima lettura. Sfilano davanti a noi funzionari opportunisti e corrotti, una bellissima donna dal fascino ambiguo, un parroco usuraio e donnaiolo e tanti paesani con la bocca cucita. Il tutto per mettere in scena ancora una volta l’anima della Sicilia con le sue sfaccettature, i suoi comportamenti e i suoi implacabili meccanismi.
Lo stile è quello inconfondibile dello scrittore siciliano, capace di parlare con leggerezza e ironia di un argomento come la corruzione e l’assenza di giustizia, purtroppo così tristemente attuale ancor oggi. Questa volta il tipico linguaggio siculo-italiano di Camilleri, però, si sfaccetta ancor di più perché la lingua qui non è solo uno strumento per raccontare ma si fa simbolo di un universo di mentalità e valori apparentemente inconciliabili. Il dialetto ligure dell’eroe con il suo romantico senso di giustizia si alterna così all’italiano pomposo e volutamente incomprensibile dei carteggi ufficiali, a rappresentare quella rete di soprusi e protezioni che sembra impossibile da scalfire, e alla parlata siciliana, che sa di paura, di rassegnazione ma anche di furba astuzia. E per provare a vincere serve proprio tentare una mossa astuta, la mossa del cavallo, l'unico pezzo della scacchiera che può scavalcare tutti gli altri. Per scoprire se sarà sufficiente per salvarsi non rimane che leggere il romanzo. E, una volta iniziato, sarà di certo impossibile non finirlo in poche ore.