Dettagli Recensione
All’illustrissimo, reverendissimo, osservandissimo
"Q" è un romanzo storico con tutti i crismi, in cui il collettivo di scrittori che si cela dietro il nome di Luther Blissett, ha compiuto senz’altro un’ammirevole lavoro di approfondimento e ricerca per poter improntare l’opera con un’atmosfera e uno sfondo quanto più verosimili e aderenti alla realtà del tempo delle guerre di religione del 1500. Nondimeno, forse, per chi non è particolarmente appassionato di questo tipo di romanzi storici, le attenzioni riservate alla cura delle verosimiglianza storica rischiano di imbrigliare le ali della narrazione, rendendo più faticosa la lettura.
Sicuramente, le prime 100 pagine mettono alla prova il lettore, che rischia di ritrovarsi frastornato, e confuso.
Inoltre a voler essere più severi la storia comincia a far effettivamente presa sulla curiosità solo dopo oltre metà del romanzo, il che può senz’altro scoraggiare.
Alla conclusione della lettura ci si sente quindi un po’ provati, con un infinito cimitero di nomi insignificanti alle spalle: troppi personaggi e comunque poco caratterizzati per poterli ricordare tutti. Personaggi che vestono i panni dei protagonisti per dominare brevemente la scena e poi dismetterli per far posto ad altri presto colpiti dallo stesso destino. Il vero protagonista principale, invece, non ci abbandona mai, ma cambia costantemente il suo nome in un rovinoso peregrinare in lungo e in largo sulla carta geografica del vecchio continente fra tanti luoghi pressoché anonimi (fatta salva Venezia abilmente dipinta attraverso il racconto).
Lo stesso protagonista non riesce a prendere effettivamente forma nell’immaginario del lettore e piuttosto risulta a tratti assurdo nella sua invincibilità, nella sua perseveranza, nella fiducia incondizionata che ripongono in lui i più disparati personaggi investendolo di volta in volta di compiti apparentemente troppo importanti per una persona incontrata più o meno casualmente. In compenso ci accompagna rendendoci spettatori di una selva di dialoghi e di sermoni, cui sfortunatamente corrispondono nell’arco di tante pagine pochi “stiracchiatissimi” giri di vite alla trama.
Particolarmente interessante è, invece, la costruzione dell’antagonista Q, in gran parte realizzata attraverso l’espediente della corrispondenza epistolare. Del suddetto carteggio si legge soltanto la parte delle missive scritte di proprio pugno da Q e rivolte al suo malefico e scaltro signore, impreziosite dall’estrema ossequiosità indirizzata al padrone (osservandissimo, illustrissimo, reverendissimo…), capace di rievocare dai ricordi d’infanzia le più efficaci immagini dei “cattivi” custodite nella memoria.
Personalmente ho apprezzato talmente tanto la tessitura dell’immagine di Q che durante il racconto quasi ho finito per parteggiare per lui, con i suoi terribili inganni al servizio delle mire dispotiche della sua guida.
Complessivamente quella del collettivo Wu Ming (altro pseudonimo degli autori di "Q"), rappresenta un’iniziativa estremamente interessante e quantomeno peculiare nel suo genere. Ammetto di essere arrivato a leggere “Q” dopo esser stato conquistato da “L’armata dei sonnambuli” degli stessi autori, forse dotato di una trama più coinvolgente e di personaggi meglio scolpiti.