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Deludente
La Grancontessa Matilde di Canossa (Mantova, marzo 1046 – Bondeno di Roncore, 24 luglio 1115) è stata indubbiamente un personaggio di rilievo nella sua epoca e per certi versi sorprendente, a maggior ragione in un periodo storico che vedeva le donne relegate a semplici custodi del focolare domestico. Seguace dell’abate di Cluny che si batteva per un rinnovamento della chiesa, che in pratica era un ritorno alle origini, quando l’ideale cristiano era scevro da influenze esterne e si cercava di seguire il pensiero del Cristo in tutto e per tutto, era quindi avversa alla dilagante corruzione vigente in larga parte del clero e soprattutto era fermamente intenzionata a eliminare il diritto dell’imperatore di nominare vescovi e papi. In questo contesto è più conosciuta per aver sanato il dissidio fra il Pontefice Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, di cui era vassalla e che sospettava fosse il mandante dell’omicidio del padre, quest’ultimo tanto potente da costituire un problema per le sorti dell’impero. Enrico IV, che era stato colpito dalla scomunica, nel gennaio del 1077 rimase tre giorni e tre notti inginocchiato, con il capo cosparso di cenere, davanti al castello di Canossa, dove, ospite di Matilde, stava appunto il papa. Alla fine fu ricevuto e a capo chino, dopo un lungo faccia a faccia, Gregorio VII revocò la scomunica, ma non la decadenza dal trono. Da qui il famoso detto andare a Canossa, cioè sottomettersi all’altrui volontà. Con una donna così protagonista del suo tempo (fra l’altro donò tutti i suoi ampi possedimenti al pontefice, in chiaro dispregio dell’autorità imperiale) ci sarebbe stato da aspettarsi da Edgarda Ferri una grande biografia, una di quelle memorabili, e invece purtroppo è uscito dalla penna dell’autore un polpettone insipido, che presenta contemporaneamente le caratteristiche del saggio e del romanzo storico, ma non ben amalgamate, senza gli approfondimenti che sarebbero stati necessari e con largo sfoggio di creatività a volte quasi pedante. È facile perdersi nella lettura, frastornati da descrizioni di abbigliamenti, da episodi a volte di trascurabile interesse, tanto che alla fine non si riesce ad aver chiara l’idea di chi sia stata veramente Matilde di Canossa. L’impressione che ho ricavato è che Edgarda Ferri abbia avuto la presunzione di essere una storica competente senza in effetti esserlo: troppe le invenzioni e il sentito dire. Se avesse avuto la pretesa di scrivere solo un romanzo storico, forse poteva andare bene, a parte la lentezza del ritmo e la pesantezza dell’esposizione. La storia è un’altra cosa, non si improvvisa, è frutto di anni di ricerche e della consapevolezza che si cerca di avvicinarsi a una verità, senza mai poterla raggiungere. Sono caratteristiche assenti in questa biografia, tanto che io, avido di sapere cose nuove, mi sono ritrovato alla fine con un pugno di mosche in mano e anche indispettito per aver dedicato tanto tempo a un lavoro che non lo meritava.
Il libro quindi non mi è piaciuto e non mi sento di consigliarlo, rimandando tuttavia un giudizio sull’autore alla lettura di altre sue biografie, atteso che le sue due opere che avevo letto in precedenza (Guanti bianchi e La casa di Barbara) mi avevano favorevolmente impressionato e nella speranza che nel percorso letterario della Ferri La Grancontessa sia solo un risultato negativo del tutto occasionale.
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Le tue recensioni sono sempre esaustive e utili. Anch'io sull'autrice ho delle riserve.