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Il congedo di Sebastiano Vassalli
“Ho raccontato l’Italia” così termina l’ultimo romanzo di Sebastiano Vassalli, scritto quando era già consapevole dell’inesorabile progredire del male che l’aveva colpito e che poi l’ha condotto al trapasso il 26 luglio 2015. Questa breve frase, che sintetizza l’intento di tutte le sue opere, ha il sapore di un commiato, un saluto definitivo ai lettori che tanto hanno avuto modo di apprezzarlo. A volte, al termine di un libro l’autore riporta delle note conclusive a maggior chiarimento del testo, ma in questo caso Vassalli ha posto come oggetto di quelle poche paginette un vocabolo che non lascia dubbi: congedo. Per quanto non spinga sulla vena della commozione, quel suo voler giustificare il perché di tutta la sua attività letteraria, con un sottofondo di tenue malinconia, non può non toccare chi legge, non può fargli dimenticare le tante piacevoli e costruttive ore trascorse con la lettura dei suoi libri e sapere che quello sarà l’ultimo, perché il fato ha voluto così, porta a un senso di mestizia e stempera in fondo la tensione emotiva che è cresciuta dentro nel leggere Io, Partenope, che non è forse la sua migliore opera, ma che chiude egregiamente un ciclo destinato appunto a spiegare a noi stessi, gli italiani, chi siamo.
La vicenda di Io, Partenope, in cui la protagonista suor Giulia Di Marco, meglio conosciuta come suor Partenope, è esistita veramente, non è di quelle che possono attrarre come la trama della Chimera, ma Vassalli con opportuni accorgimenti narrativi ripropone un antico conflitto fra potere spirituale e potere temporale, con una Chiesa incline al totale dominio dei suoi fedeli, a cui non è lasciata la benché minima possibilità di un credo autonomo; tutto quello che è al di fuori del comandato diventa eretico, nel concetto dell’infallibilità del papa. Che suor Partenope sia una religiosa che crede in Dio con tutta la sua anima e il suo corpo è fuor di dubbio, che lei attraverso la preghiera raggiunga un punto di contatto con il Creatore è palese e che ritragga, raggiungendo l’estasi, un beneficio spirituale e fisico è inoppugnabile, ma è pratica che si discosta dalle rigide regole della Chiesa e soprattutto è esercitata da una donna, da sempre vista dagli ecclesiastici come un essere inferiore e impuro. Poco conta che raccolga intorno a sé un crescente numero di fedeli, anzi ciò viene visto come un pericolo per il potere di una istituzione religiosa che non solo da sempre predica bene e razzola male, ma che ha come politica principale l’assoggettamento dei suoi fedeli. In poche parole, la Chiesa dell’epoca - ma anche delle precedenti e delle successive - è composta da religiosi che, invece di cercare l’unione con Dio, vuole esclusivamente dominare. E le conseguenze per un’eretica come suor Partenope ( e sono tutti eretici quelli che cercano veramente di vivere da cristiani ) sarà tragica, anche se a lei sarà risparmiata la vita, a differenza della protagonista della Chimera. Le pagine che parlano di questa donna, dei suoi trascorsi miseri, della sua fede genuina e delle angherie a cui viene sottoposta sono per me le migliori del libro, mentre l’ultima parte, in cui si narra della sua amicizia con il noto architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini mi è sembrata meno interessante, per quanto la descrizione di una Roma travolta dal “puttanesimo” sia quanto mai efficace e paragonabile, proprio per il vuoto morale che permea la città pontificia, al mondo attuale. Peraltro, come l’opera termina come detto con il Congedo, inizia con un Prologo, on cui rifulge il genio creativo di Vassalli, perché l’autore torna indietro nel tempo, nel ‘600 e segue un’anziana signora fin dentro una chiesa e lì la convince a raccontare la sua vita. La donna è suor Giulia Di Marco, terziaria francescana, che poi in una sorta di narrazione in prima persona, come in un’autobiografia, spiegherà il perché verrà meglio conosciuta come suor Partenope. Vassalli deve avere molto amato questo personaggio, come di certo amava la vita che avvertiva ogni giorno spegnersi e forse quell’invenzione di tornare indietro nel tempo, come se questo non esistesse, non è solo letteraria, ma nasconde l’inconscio desiderio di trovarsi poi in un altro mondo dal tempo immobile, una vaga speranza a cui aggrapparsi prima ancora di chiudere per sempre gli occhi.
Leggetelo, perché lo merita.
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Bruno
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