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Il difetto di essere onesti
Giunto all’ultima pagina non ho potuto fare a meno di dare sfogo alla rabbia che mi si era accumulata dentro, rabbia per una vicenda della storia del nostro paese che dà la misura di quanta strada ci sia ancora da percorrere per arrivare a un autentico Stato di diritto. Non a caso Umberto Terracini ebbe a scrivere “Penso che il caso sia unico nella storia giudiziaria italiana pur così pesante di capitoli sciagurati.”. Infatti, almeno fino a oggi, non esiste un caso in cui un cittadino sia colpito dalla giustizia per la sua onestà e per il suo senso civico. Camilleri, sulla base di una corposa documentazione, ce ne parla, ci dice come sia potuto accadere che una famiglia laboriosa e rispettosa delle leggi, come quella dei Sacco, abbia avuto la vita stravolta e addirittura sia finita in carcere, a seguito di una connivenza fra mafia e politica che non è ancora stata debellata. I Sacco vivevano a Raffadali in provincia di Agrigento, erano persone dedite, con passione, al lavoro, oneste e benvolute, ma non accettarono le imposizioni della mafia, così che, per non essere eliminati, si dettero alla macchia, stravolgendo la loro vita. E se c’era da sperare in un cambiamento quando il famoso prefetto Mori, mandato da Mussolini in Sicilia con pieni poteri per combattere la mafia, questo venne alla svelta fugato, per il comportamento delle forze dell’ordine, irriguardoso di ogni legge; ne fecero le spese anche i Sacco, che avevano pure il torto di essere socialisti. Finirono braccati dalla mafia e dalla polizia, fino a che dovettero arrendersi e furono tradotti in carcere; processati, vennero riconosciuti colpevoli, pur in assenza di prove, ma solo di testimonianze inattendibili, e furono condannati all’ergastolo, tranne che per uno, a cui fu comminata una pena detentiva minore, anche se considerevole.
Ci fu la volontà di condannare ben sapendo che erano innocenti; i giudici emisero le sentenze commettendo un errore di cui erano consapevoli e così la mafia e il potere politico fascista, riappacificatisi, poterono festeggiare una vittoria che per loro era vitale, perché se l’esempio dei Sacco fosse stato seguito dagli altri onesti cittadini oggi non avremmo bisogno di tenere in organico il pool antimafia.
I Sacco rifiutarono la domanda di grazia, e in quanto innocenti pretesero invece la revisione dei processi. Solo in tarda età furono convinti ad accettare la grazia, spiegando loro che poi si sarebbe provveduto a una lunga revisione che, per quanto ne so, non è mai avvenuta.
Questo bellissimo libro di Camilleri è un pugno allo stomaco, perché l’autore ci accompagna passo dopo passo nella disperazione di questi uomini onesti, nella loro fede in un mondo migliore che non vedranno mai. L’autore non cerca di impietosire, racconta con una professionalità da storico, ma con lo stile di un romanziere, affinché il cognome Sacco non debba essere ricordato come quello di una banda di malfattori, bensì come quello di uomini vittime della mafia e dell’ingiustizia di uno stato che manda assolti i colpevoli e perseguita gli innocenti
Da leggere, ci mancherebbe altro.
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