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Uno stupendo affresco rinascimentale
Considerato che Le righe nere della vendetta dello stesso autore mi era particolarmente piaciuto, ho provveduto a reperire il primo dei tre romanzi fino a ora editi in cui il protagonista principale è il capitano di giustizia Biagio dell’Orso, un uomo d’azione, ma anche riflessivo, pronto a cogliere solo le sfumature di certi elementi per arrivare alla soluzione del caso. Se il primo che ho letto mi è risultato notevolmente gradito, anche questo è riuscito ad appassionarmi, tanto che, nonostante le sue 404 pagine, l’ho letteralmente divorato. L’epoca è la stessa, cioè il XVI secolo, e pure l’ambientazione è identica con la piccola signoria di Mantova retta dal duca Guglielmo, un personaggio, anche nella realtà, notoriamente taccagno e avido, poco propenso a sborsare i quattrini che di continuo gli chiede il figlio Vincenzo, che diventerà più famoso del padre, se non altro per aver combattuto i turchi a fianco degli imperiali, ma soprattutto per una storia poco edificante, oggetto di divertimento in tutte le corti europee, quando fu costretto a dimostrare pubblicamente la propria virilità. Come al solito Tiziana Silvestrin parte da precisi riferimenti storici, anzi ci racconta i fatti secondo le testimonianze storiche, arricchendoli ovviamente con la sua fantasia (Biagio dell’Orso, per esempio, è un protagonista inventato). Si potrebbe dire che, seguendo una precisa e rigorosa traccia storica, imbastisce un romanzo che appare del tutto veritiero, perché veri sono alcuni personaggi, veri sono stati molti fatti e realistica è la descrizione non solo della corte di Mantova, ma anche di altre sedi di potenti. Il tutto parte da un’apparente lite di Vincenzo Gonzaga, affiancato da un cortigiano scapestrato come Ippolito Lanzoni, e due inglesi, di cui uno, James Chricton, tenuto molto in considerazione dal duca di Mantova, tanto da nominarlo suo consigliere. Il risultato di questo scontro, dapprima verbale, fu la morte del Lanzoni per opera di Crichton, a sua volta ucciso dalla spada del giovane Vincenzo. La giustizia, anche in realtà, seguì il suo corso e il giovane principe Gonzaga venne pubblicamente processato, ma, come era logico attendersi, ne uscì assolto.
Ora da questo fatto vero la Silvestrin imbastisce una trama in cui non mancano abili spie, avventurieri, papisti e antipapisti, con la scena che si sposta da Mantova a Venezia, per poi ritornare a Mantova, per approdare poi a Milano e infine in Inghilterra dove può serpeggiare da un momento all’atro una guerra di religione fra cattolici e protestanti, ma che è soprattutto una guerra di potere fra la regina Elisabetta e Maria Stuarda, che poi si concluse con l’affermazione della prima e la decapitazione della seconda.
La vicenda, con tanta carne al fuoco, è complicata, ma l’abilità della narratrice fa si che esista un perfetto percorso logico, a cui si è attenuta, così che la soluzione del caso è del tutto plausibile, senza dimenticare che il lettore non rischia di perdersi fra tanti nomi e fatti, trovando perfettamente inserite vicende non contestuali, ma di anni precedenti.
E’ un piacere veder scorrere davanti agli occhi la fabbrica del Duomo di Milano, il porto di Londra sul Tamigi, la Venezia opulenta e quella misera, la piccola, ma preziosa Mantova; nulla è lasciato al caso, non c’è né una parola di troppo, né una parola che manca in questo stupendo affresco rinascimentale, la cui lettura risulta notevolmente piacevole.
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