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Storia di Tönle
La fine di un mondo com’era conosciuto fino a quel momento: una società che è rimasta simile a se stessa per qualche secolo viene spazzata via dall’improvvisa accelerata della storia che avviene a cavallo tra Diciannovesimo e Ventesimo secolo. E’ ben più di uno sfondo quello su cui si sviluppa la vicenda del protagonista in circa un cinquantennio che va dalla maturità alla morte: con i suoi aspetti positivi (la vicinanza, non solo fisica, della natura) e negativi (la miseria sempre in agguato), la vita quotidiana svolge a pieno titolo un ruolo centrale per molte pagine prima di essere sostituita dalla distruzione della stessa operata dalle bombe della prima guerra mondiale. Pastore e piccolo contrabbandiere, Tönle deve guadagnarsi da vivere all’estero in seguito a una scaramuccia con i finanzieri che gli è costata una condanna: si vede così costretto a una sorta di giro per un’Europa dai confini assai permeabili che ricompensa le fatiche anche dure, come il lavoro in miniera, con un insieme di conoscenze – pratiche, ma anche linguistiche e culturali – che lo arricchiscono aprendogli prospettive nuove. Il ritorno a casa è riservato all’inverno, quando nessuno lo va a cercare, la neve è alta e c’è un figlio nuovo che l’aspetta: solo un’amnistia gli restituisce la libertà di movimento quando ormai gli anni sono tanti e già si sta preparando la tempesta. Le profonde ferite portate dalla guerra sono fisiche e sociali: Tönle, ancora più vecchio, prova a far finta di nulla ma questo lo trascinerà a un nuova, ben più triste avventura lungo le strade del continente prima del definitivo ritorno a casa. In poco più di cento pagine, Rigoni Stern narra la sua piccola storia con il tono di chi sta raccontando una favola accanto al fuoco: impressione che nasce dalla piccola e toccante cornice dedicata a un amico scomparso e si rafforza per il tono tranquillo e avvolgente che viene utilizzato facendo risaltare un’economia di parole davvero encomiabile. Eppure non mancano le belle invenzioni – a partire dalla fulminante immagine del ciliegio sul tetto della casa del protagonista – che sanno rendere con estrema vividezza i panorami montani come gli interni contadini e caratterizzano i singoli personaggi: la stessa attenzione riservata ai dettagli o ai piccoli riti della vita contadina che vengono ricostruiti con cura e precisione. Così, malgrado le ‘partecipazioni straordinarie’ – Fritz Lang, Emilio Lussu, ma anche, attraverso una delle sue similitudini più belle, il padre Dante – e la conferma di un pacifismo senza compromessi, questo piccolo libro è soprattutto un omaggio dell’autore alla sua terra che però non manca di affascinare anche chi non l’ha mai conosciuta.
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