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Quella notte giù in Sicilia
“Arrivato all'altizza dell'arco, a Michele gli vinni gana di fumare. Si fermò, si mise una sicaretta in vucca, addrumò uno zolfanello tenendolo tra la mano a coppa. La sò faccia pigliò luce. E fu come se avisse dato nome e cognome agli appostati. Sentì una rumorata di passi vinire a velocità dall'arco, ebbe appena il tempo di vidiri con la cuda di l'occhio dù ùmmire che s'apprecipitavano verso di lui. Di pigliare il fujuto, manco a pinsarlo, quelli lo avrebbero immediatamente raggiunto. Si mise spalle al muro e invece d'aspittare d'essiri attaccato, attaccò lui per primo...”
La sera del 24 aprile 1921, Michele Lopardo, capocantiere al paese suo e comunista convinto, sta raggiungendo l'osteria, e lì la sua squadra di operai, per festeggiare con una bevuta il nuovo lavoro da iniziare la settimana successiva.
Ma qualcuno lo aspetta sul cammino...
Di aggressioni, Michele Lopardo ne ha già subite, in passato: una volta che voleva dividere due litiganti s'è fatto un paio di giorni in carcere per porto abusivo di coltello, poiché quella che lui aveva scambiato per una scaramuccia altro non era che una trappola fatta apposta per tirarlo dentro.
Ora tre fascisti di paese lo attendono per dargli una seria lezione. Sono armati: uno ha anche una pistola. Ma quello che non sanno è che pure Michele ne ha una: nonostante gli abbiano tolto il porto d'armi dopo l'episodio precedente, il muratore sa quel che rischia e s'è organizzato.
Così, nello scontro violento di via Arena, ci scappa il morto; e non è Michele, sanguinante e intontito, ma il camerata Lillino Grattuso, rimasto a terra con un pezzo di fronte mancante.
In carcere il muratore ci finisce di nuovo, quella stessa notte, e stavolta indiziato di un omicidio a sfondo politico.
Già... perché sulla vicenda indagano due uomini molto diversi tra loro: il commissario della squadra politica della questura Emanuele Lanzillotta, ben inserito e dai modi sbrigativi, e il maresciallo dei carabinieri Gaspare Tinebra, più cauto, e a cui tutta la storia non quadra sin dall'inizio.
Va in scena allora un secondo scontro, altrettanto cruento ma più sottile, in un contesto storico nel quale il fascismo è pronto a prendere il potere nel Paese e diventare regime.
Il vero delitto su cui fare indagare il commissario Montalbano sarebbe quello di pensare che il suo creatore non possa fare senza di lui.
E' il contrario: “Privo di titolo” è l'ennesima occasione, per Andrea Camilleri, di utilizzare il suo stile inconfondibile per fare ciò che vuole.
Così sceglie di partire dalla “verità storica” (che racconta dell'unico martire fascista siciliano: Lillino Grattuso, appunto) allo scopo di verificarla. L'intera scena dell'agguato e il suo prologo sono descritte come se il lettore sia seduto al cinema e lo scrittore abbia in suo potere inquadrature e montaggio (provate a leggere, se non ci credete!), facendo durare il tutto per più di 50 pagine (quanti altri ci riuscirebbero senza annoiare?). Il resto della vicenda si dispiega tra rapporti della pubblica sicurezza, verbali d'interrogatorio, articoli della stampa dell'epoca sullo svolgimento del processo e, per dare un ulteriore tocco di colore, abbondanti comizi di accalorati comizianti.
C'è tempo pure per infilare nella trama un prefetto ossessionato da una storia di corna (le sue, purtroppo per lui) e una città immaginaria tirata su come tributo al Duce in persona, sceso in Sicilia apposta (… già, la Sicilia... popolana ma arguta, prudente ma combattiva, decisa ma pietosa... Capita, leggendo Camilleri o vedendolo trasposto sullo schermo, di restare folgorati dalla sua terra).
In definitiva, un libro tra i migliori dello scrittore, che – nel divertirsi a delineare, come suo solito, una carrellata di tipi umani di ieri ed oggi – costruisce con sapienza la sua presa in giro del “costume” fascista prima ancora che dell'ideologia.
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Commenti
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Io ho avuto la fortuna, dal 2004, di vedere più volte Trapani (città e provincia) e conoscevo da prima un po' della zona di Siracusa... posso dichiarare a ragion veduta che Camilleri è un "in più" (spassosissimo come uomo e come scrittore, s'intende)...
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