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Il gusto del tempo
Un affascinante romanzo a tre voci che riassume, rielabora e approfondisce un periodo storico di fondamentale importanza, quello che va dalla metà dell'800 fino agli inizi del '900, un periodo che ha segnato un'epoca e che con le sue tensioni politiche, economiche e sociali definisce i prodromi di quelli che verranno considerati i più grandi sconvolgimenti della storia dell'umanità.
Come è nato tutto? Cosa ha portato l'uomo ad auto sterminarsi su così vasta scala con ben due Guerre Mondiali? Quali sono state le tensioni, i piani segreti, le macchinazioni dei singoli e il tessuto sociale su cui si è potuto inserire quel meccanismo che avrebbe portato alla morte violenta di decine di milioni di persone in meno di trent'anni? Eco tenta di spiegarcelo, raccontando in maniera intelligente e brillante ciò che è stato agli inizi, quando nessuno avrebbe potuto sospettare le conseguenze di quanto si stava facendo, rivisitando (ma non reinventando) la storia europea di quegli anni, introducendo nel tessuto narrativo personaggi chiave per il destino del mondo, e dipingendo un quadro di insieme dalle tinte fosche, eppure nostalgiche e talora persino comiche, come solo una delle più abili penne del panorama letterario mondiale saprebbe fare.
Un lavoro dunque per metà romanzo e per metà documento storico, un lavoro profondo, intellettualmente appagante e sorprendentemente divertente che nella sua costante ricerca di un significato a ciò che è accaduto all'uomo, ciò di cui esso si è reso capace, ribadisce un concetto ormai a chiunque già noto, eppure mai così chiaro e lampante come in questa analisi: non contano le epoche, le credenze, l'intelligenza, la stupidità, la cultura e l'ignoranza, il virtuosismo o la turpe immoralità di alcuni, siano essi singoli individui o interi popoli, non contano le differenze sociali, politiche, militari o religiose tra stato e stato, tra uomo e uomo, non sono quelle, non sono loro a fare la storia; ciò che crea o distrugge la civiltà, ciò che plasma la nostra società adeguandola al tempo e al luogo è sempre stata (e sempre sarà) una sola cosa: i soldi, il denaro, e il potere che da esso ne deriva.
In nome di questo si formano alleanze, e si scatenano guerre, si eleggono capi e si sterminano i popoli, sotto il suo comando si piegano i vincitori e si umiliano i perdenti, si annullano i valori dell'uomo e della sua morale, si dimentica ciô che è stato e si ignora quel che sarà, al suo cospetto si tradiscono i propri ideali e si prega inginocchiati al fianco degli Dei, noi come loro, annichiliti dal suo potere temporale. E sia che lo si voglia o no, sia che per molti aspetti possa essere un male e per alcuni un bene, non ci si può fare nulla, poichè i soldi sono ciò che su grande e piccola scala ha sempre regolato, stabilito e determinato la vita e la morte degli esseri umani. Qualcuno potrebbe obbiettare, divagando, che le malattie sono un altro fattore determinante, ma non è forse vero che queste si sviluppano maggiormente in situazioni ambientali dove la povertà è più diffusa, non è forse vero che se si destinassero più fondi alla comprensione delle malattie, alle ricerca delle cure, si riuscirebbero a debellare più facilmente? Non c'è nulla da fare il denaro regola ogni cosa. Ma appunto non divaghiamo. Ciò che si evince dal libro è che non solo il potere del denaro ha un effetto diretto sulla persona che ne entra (o cerca di entrarne) in possesso, ma ha anche un potere sugli altri, su ogni singolo aspetto della loro vita: ad ogni azione corrisponde una reazione, ad ogni alleanza una rottura, ad ogni mossa una contro mossa e dalla singola moneta che si mette in tasca l'uomo qualunque nascono e derivano un'infinità di azioni concatenate, talvolta buone talvolta cattive, che nel loro complesso formano lo scheletro e il tessuto su cui si sviluppa la nostra società.
Temi importanti dunque quelli discussi ne Il Cimitero di Praga, temi di grande, e ineluttabile, attualità eppure temi che si inseriscono perfettamente nel contesto storico della narrazione.
È estremamente difficile costruire una storia che tratti di questi argomenti ed è ancora più difficile costruirla in modo tale che si regga in piedi in ogni sua parte, che scorra senza intoppi e soprattutto che avvinca chi la legge; sì, è estremamente difficile, eppure l'autore ci riesce, grazie ad uno stile coraggioso ed istrionico che avvinghia il lettore alla vicenda, ma ancor più all' ambiente, alla cultura, e alle società dell'epoca che, seppur conosciute, mai prima d'ora erano parse così intriganti e romantiche.
In un film si diceva (e forse questa era l'unica cosa degna di nota in quel film) che Hemingway era un grande perchè con i suoi romanzi era in grado di farci sentire il gusto delle cose. Bene anche Eco allora è "un grande" poichè al pari del suo predecessore anche lui riesce a farci sentire il gusto, non è tuttavia quello delle cose, ma è quello del tempo, è quello di un modo di vivere, è quello della storia.
Un libro dunque affascinante questo, dai contenuti importanti, se non essenziali, e che solo nel finale ad esser pignoli tende a perdere parzialmente il ritmo a causa di un' eccessiva ridondanza; dettaglio comunque più che trascurabile considerato che al contrario può vantare uno dei più divertenti, coraggiosi e interessanti incipit della storia della letteratura.
Un libro quindi profondo, maturo, reale, scritto in uno stile accattivante e condito da una appena accennata (e forse proprio per questo così affascinante) italianità; un libro che dovrebbe essere letto nei licei al pari di altri testi formativi per far capire e riflettere (divertendo) di cosa è capace, e inevitabilmente sarà capace, l'uomo, per la gloria, il potere o anche semplicemente la possibilità di sopravvivere, e in fin dei conti come già ribadito per l'unico vero ed equo Dio in cui pare costantemente credere a scapito di tutto il resto, il denaro.
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