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Pesaro e provincia tra i tedeschi e le bombe degli
Una bella storia, con un inizio spettacolare, tra la neve e l'arrivo degli sfollati (visto con gli occhi di una bambina piena di fantasia) in un casolare nelle campagne di Candelara (PU).
Subito dopo la storia si affloscia un po' e molte pagine sono dedicate a rispolverare usi, tradizioni, modi di dire e soprattutto di cucinare dei nostri nonni/bisnonni con tanto di descrizione di piatti tipici e modalità di loro preparazione un po' noiosi per chi non ama questi argomenti. Poi la storia, dopo un terzo del libro in cui bisogna tenere duro, si fa molto interessante, con la comparsa dei tedeschi, della bambina ebrea, dei dissapori tra gli sfollati. Sapere alla fine che il libro è ispirato a una storia vera è addirittura commovente e spiega come mai le cose non si risolvono tutte felicemente come in una bella favola, anche se, in un certo senso, Evelina riesce a mettere ogni fatto al posto giusto, con la sua rara capacità di vedere attraverso le cose e le persone in modo infantile ma profondo. I dialoghi che all'inizio erano noiosi e un po' stantii diventano vivi e vibranti, commoventi e i bambini della storia escono quasi dal libro lasciando al lettore un'incredibile sensazione di vivacità e di freschezza. Anche la famiglia di Evelina, ruvida e tenera al tempo stesso entra nel cuore.
Il libro ha un'inizio lento ma poi, superata la fase più culinaria e descrittiva delle tradizioni, si legge in un lampo.
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Trovo che la giovane autrice abbia dato una buona prova di scrittura.
Belle le immagini filtrate attraverso gli occhi di una bambina; un'angolazione diversa per riflettere sulle brutture della guerra e sulla quotidianità della gente di allora.