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Roma et Carthago delendae sunt
Pubblicato nel mese di luglio anche nella collana dedicata ai “grandi romanzi storici” dal Corriere della Sera, Carthago - sottotitolata “Annibale contro Scipione l’Africano” – narra lo scontro tra due personaggi carismatici e dotati di forte personalità: il cartaginese Annibale e il romano Pubblio Cornelio Scipione, detto l’Africano.
I fatti sono quelli della seconda guerra punica: dalla presa di Sagunto (“Ma sapevano che l’obiettivo di Annibale non era quella piccola città dell’Iberia”) lungo tutto l’itinerario (“Attraverseremo l’Ebro … poi marceremo verso i Pirenei, attraverseremo il Rodano e giungeremo in prossimità delle Alpi”) nel corso del quale i cartaginesi sotto l’egemonia del Barcide mettono a ferro e fuoco l’Italia.
Le battaglie si susseguono vittoriose per Annibale, che si avvale sia della cavalleria Numida (“Neri come la notte, cavalcavano senza l’ausilio delle briglie … per tenere le mani libere e lanciare i loro corti giavellotti …”) sia dell’ausilio degli elefanti (“Durante la traversata del Rodano, alcuni elefanti si erano spaventati a tal punto da arrivare a gettarsi in acqua …”) in un drammatico conto alla rovescia (“Gli elefanti avevano patito più di tutti le fatiche della lunga marcia, l’attraversata delle montagne e il clima rigido di quelle regioni”): “Alla fine era sopravvissuto un solo elefante.”
Dopo la battaglia del Ticino, Annibale e gli “africani dagli occhi selvaggi” – passando per “Clastidium, una cittadella fortificata eretta come avamposto avanzato dell’Urbe in Gallia Cisalpina” – si scontrano con i romani presso il Trebbia (“I cartaginesi hanno attirato i nostri in una trappola”), in prossimità del lago Trasimeno e nella famosa battaglia di Canne.
Alla strategia cinica, non soltanto militare, di Annibale (“… I sacrifici che compivano in onore di Mot, Baal e Anat non erano sufficienti, ma Annibale aveva sempre reagito con collera, affermando che la loro impresa non doveva sottostare al capriccio degli dei…”) si contrappongono la razionalità e la lungimiranza politica di Scipione: “Publio era contento che il Barcide fosse ancora alla testa del suo esercito … Perché voleva esserci anche lui sul campo di battaglia, quando le legioni l’avrebbero affrontato e sconfitto.”
Quando i romani sembrano in balia dell’invasore punico, Scipione intraprende la riconquista astuta di Nova Carthago: “Le maree, da queste parti, sono ricorrenti e di un certo peso”. Un atto che avvia l’offensiva romana, che avrà il suo epilogo in terra d’Africa: a Zama.
La contrapposizione tra i due titani della guerra che impegnò l’ultimo scorcio del III secolo a.C. è molto efficace e plastica. La narrazione romanzata, anche grazie agli aneddoti che rinverdiscono le memorie di chi al liceo si è spesso cimentato in traduzioni dal latino, risulta avvincente e affascinante.
Franco Forte, anche autore di thriller storici come “Il segno dell’untore”, combina riferimenti colti senza appesantire il romanzo con espressioni latine (“i centurioni primipili e … due littori con le insegne”) e accompagna il lettore tra battaglie, convivi sui triclini, mercati di schiavi e messaggi in pergamena, senza trascurare sentimenti ed erotismo dei personaggi.
Un libro che non può mancare agli appassionati del romanzo storico e a chiunque voglia imBARCArsi nel genere letterario del quale Franco Forte è maestro.
Bruno Elpis
Indicazioni utili
Romanzi storici e thriller storici.
Commenti
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Recensione interessante e puntuale come sempre. Ciao Bruno!!!
di Annibale ho letto un'ottima biografia di Granzotto !
ciao paola
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