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Il paradigma della mistificazione
Al periodo tra la fine dell' ottocento e l'inizio della Prima Guerra Mondiale, chiamato Belle époque, già dal termine pensiamo (nostalgicamente) ad un periodo sfavillante contraddistinto da un incredibile progresso e a un miglioramento sorprendente del tenore di vita: cinema, café-chantants, illuminazione, cancan, grandi magazzini illuminano la vita della vittoriosa borghesia che ottimisticamente immagina che nel Novecento si prolunghi questo splendido periodo di pace e progresso. Tuttavia (come per ogni epoca ) troviamo i suoi lati negativi e realistici: oltre allo sviluppo del pensiero anarchico che si esplica in numerosi attentati ( vedi l'assassinio di Umberto I d'Italia) i quali terrorizzano i benpensanti imprenditori e alle tensioni sociali dovuti al sempre più crescente divario tra industriali e operai che rivendicano i propri diritti, il male principale che lacera la società di fine ottocento è la falsificazione che occupa ogni campo del vivere quotidiano, dall'alimentazione (polvere di gesso presentata come farina!) al pensiero con il conseguente esacerbarsi dei cliché e dei pregiudizi i quali si esplicano nei reali prodotti della Belle èpoque: nazionalismo e antisemitismo, cemento essenziale dei grandi disastri e stermini del XX secolo. Ed è proprio questo il periodo scelto a scopo paradigmatico da Umberto Eco per il suo romanzo storico “Il cimitero di Praga” che ci trascina con uno stile piuttosto avvincente e con una perfetta resa dello sfondo storico nel gorgo irrazionale e pericoloso della modernità.
In una Parigi del 1897rinnovata dal progetto Haussmann, il capitano e falsario Simone Simonini- su consiglio di uno “studentello” austriaco, un certo Sigmund Freud (o come lo chiama, storpiandolo Simonini, Froide)- inizia a scrivere un diario-autobiografia con il tentativo di riprendersi dalla grave amnesia che lo ha colpito. Ma ben presto tale scritto si trasforma in un epistolario in cui interviene frequentemente l'abate Dalla Piccola, abitante di un miniappartamento collegato alla dimora di Simonini, e il quale è allacciato strettamente al nostro protagonista: infatti ciò che uno non ricorda lo ricorda bene l'altro.
Allora percorrendo un lungo lasso di tempo che va dal 1830 al 1897, veniamo a conoscere della personalità di quest'uomo camaleontico, viscido, egoista, terribilmente misogino, anticlericale, antigesuita e strenuamente antisemita, il quale tenta con ogni mezzo (più illecito che non) di racimolare un buon patrimonio per poter godere della vita e soprattutto del buon cibo per cui impazzisce ( infatti l'opera è infarcita ironicamente di numerose ricette che riaccendono più volte l'appetito del lettore). Nonostante la malignità e ipocrisia che Simonini emana da ogni poro, egli affascina anche per la sua intrinseca solitudine che lo contraddistingue sin dalla fanciullezza passata con il nonno, decisamente antisemita e pro ancien regime.
Ma ad intrigare ed avvincere in primis è la sua avventurosa vita passata lavorando nell'inventare e sventare complotti, a creare e a sciogliere matasse, nel vortice internazionale di spionaggio e controspionaggio in cui avidamente è entrato. In questo clima di falsità e cospirazioni, pur vivendo momenti epocali del XIX secolo quali i moti carbonari, la spedizione dei Mille, il 1848 ( annus horribilis per le monarchie europee), il Secondo Impero di Napoleone III e i fatidici giorni della Comune e nonostante l'intromissione di interventi massonici , messe nere e contrassalti gesuitici, Simonini continua a lavorare ad un' opera “letteraria” che contraddistingue l'apogeo della mistificazione storica donde erompe tutta la sua fiele verso il popolo ebraico e che avrà conseguenze tremende, quali i pogrom russi e la Shoah. Inoltre il protagonista ricostruendo queste tortuose vicende riuscirà a comprendere la verità della sua relazione con Dalla Piccola....
Umberto Eco con questo libro nel quale verosimile e realtà storica si amalgamano mirabilmente mediante un attenzione quasi maniacale ai dettagli, dà un'importante lezione su come una alterazione della realtà, seppure minima, può avere effetti devastanti per l'umanità e sulla banalità del falso, evidenziata da Simonini stesso che per i suoi documenti ricopia testi precedenti che a sua volta hanno ricopiato testi ancor più antichi in una catena che non pare avere fine.
Dal punto di vista letterario, invece, l'autore ha tentato di realizzare un'opera capace di emulare i grandi feuilleton ottocenteschi ( ad esempio I tre moschettieri di Dumas), contraddistinti da trame avvincenti e uno stile fluido che possa incantare il pubblico destinatario.
Eco è riuscito a ricreare in maniera creativa e personale questi grandi romanzi ma non a superarli del tutto a causa di alcuni rallentamenti dovuti all'utilizzo di termini disusi e arcaici (anche se non eccessivamente numerosi) che sembrano quasi delle spie dell'esibizionismo erudito dell'autore e di alcune descrizioni piuttosto pedanti ma che riescono a stendere quelle sfumature indispensabili per una buona resa dello sfondo storico che in Eco è divina.
In conclusione, consiglio quest'opera a tutti gli appassionati del romanzo storico e dei feuilleton in quanto Il cimitero di Praga non è un'opera di nicchia altrimenti un personaggio del calibro intellettuale di Umberto Eco sarebbe affogato un bicchiere d'acqua!
Infatti il romanzo d'appendice ottocentesco era destinato ad un grande pubblico e allora se lo scopo dell'autore è quello di farlo rivivere deve servirsi di uno stile piuttosto fluido e così esso si comporta.
Il lettore dovrà avere soltanto un po' di pazienza ( anche perché la prima parte è piuttosto lenta) ma alla fine non rimarrà deluso. Buona lettura!
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Commenti
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Io non l'ho ancora letto! :-)
Ciao,
Bruno
Ciao, grazie
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