Dettagli Recensione
Metello
Se molte furono le polemiche che accolsero questo libro alla sua uscita, ora, che sono passati sessant’anni, ci si può abbandonare al racconto e ai personaggi evitando di accapigliarsi sulla sovrastruttura ideologica. Che c’è, innegabile, perché tra i motori del volume ci sono la lotta dei muratori fiorentini per garantirsi un salario meno da fame (era forse sbagliata?) e la parallela maturazione politica oltre che umana di Metello Salani, ma non sono preponderanti: la bellezza del romanzo è che esse si innestino nella vita quotidiana delle classi più umili, fra le quali emergono figure che l’autore disegna con grande finezza e profondità. Curiosamente, in un libro che per molte pagine narra di uomini che si affrontano a muso duro, sono le donne a colpire di più: la matura e indipendente – molto in anticipo sui tempi - Viola, la superficiale ma solare Ida e soprattutto Ersilia, la determinatissima moglie di Metello, orgogliosa delle sue origini a San Frediano e che, quando deve riprendersi il marito distratto (per così dire), si fa protagonista di quella che è la scena più bella del romanzo. Di un niente meno riuscita è la descrizione di Metello, orfano dall’infanzia difficile e giovanotto con la tendenza a sbruffoneggiare con le donne, ma anche lavoratore capace e attento al prossimo: forse un po’ monolitico, almeno dal lato ‘pubblico’, nella seconda parte, ma sempre pienamente credibile. Attorno a loro, si muove una folla di personaggi in continuo movimento e, anche se qualche volta il bozzetto ci scappa, la caratterizzazione è quasi sempre ben definita: i maestri di vita Betto e Sante, il pavido Olindo, il padrone un po’ meno padrone Badolati, gli altri muratori divisi tra la voglia di lottare e il bisogno di portare qualche soldo a casa. Tutti quanti – meno Badolati, ovviamente - condividono una vita dai bisogni primari, in cui a dar soddisfazione bastano un bicchiere di vino, un mezzo toscano o una passeggiata in riva all’Arno, ma che hanno forti passioni personali, come gli uomini di ogni tempo, che non passano mai in secondo piano rispetto alle questioni sociali. Se è vero che, qua e là, l’effetto ‘Quarto stato’ è avvertibile, ci sono numerosi momenti in cui le lotte tra gli appartenenti alla stessa classe sono evidenti, per non parlare dell’insanabile frattura tra socialisti e anarchici che è più che altro accennata. Sono queste le varie facce che fanno del romanzo un libro riuscito e che pare aver passato indenne le insidie del tempo grazie anche a qualche accorgimento stilistico come l’uso efficace del flash-forward: Forse non altrettanto si può dire della lingua con cui è scritto, un italiano tempestato di toscanismi e un filo arcaicheggiante, ricco com’è di “j” a far le voci di singole o doppie “i”: modo di scrivere che, però, ha d’altra parte il pregio di restituire appieno la Firenze popolana di fine Ottocento (la narrazione culmina e termina nel 1902) facendo anche nascere qualche impietoso confronto con quella modaiola e, soprattutto, orientata al turista, dei giorni nostri.