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La riunificazione di due Principati
“ Non basta gridare contro le tenebre, bisogna accendere una luce.” (S.Nilo)
Marco Salvador, dopo tre romanzi storici, tutti editi da Piemme (La palude degli eroi, L’erede degli Dei e Il sentiero dell’onore), in cui ha narrato splendidamente della dinastia con capostipite Ezzelino da Romano, con questo libro ritorna ai suoi Longobardi, di cui ha scritto una riuscitissima e apprezzata trilogia, pure pubblicata da Piemme (Il Longobardo, La vendetta del Longobardo, L’ultimo Longobardo). Appare quindi evidente che lo scrittore pordenonese ha una spiccata preferenza per questo popolo di origine germanica che, fra il VI e l’VIII secolo occupò gran parte dell’Italia fino a quando non fu sconfitto da Carlo Magno che finì con il porre fine al loro dominio, almeno nell’Italia settentrionale, perché in quella meridionale, in quella che fu chiamata la Langobardia Minor, restarono indipendenti il Principato di Salerno e quello di Capua.
In Il trono d’oro si narra appunto di questi due stati longobardi e della loro riunificazione nell’unico signore Pandolfo Capodiferro. La vicenda di per sé sarebbe intricata, fra guerre con i bizantini, tradimenti, colpi di mano e se raccontata in prima persona da Pandolfo, principe di Capua, potrebbe forse risultare meno interessante, ma Salvador ha avuto un’idea felicissima, inventando un personaggio, Teofilo, greco di Palermo fuggito dagli arabi per non essere giustiziato, salvato dai longobardi e che in breve diventerà un consigliere onesto e fidato e che tanto contribuirà con la sua opera alla riunificazione.
Tuttavia, il predetto Teofilo non è un personaggio di comodo, non è solo un artificio per narrare la storia, perché - e qui è tanto il merito dell’autore pordenonese - assume una veste propria nel non breve passaggio dalla condizione di fuggiasco a quella di elemento di spicco della corte di Capua, in un processo di maturazione e di formazione che finisce con il diventare un’altra storia nella storia.
La mano di Salvador non è mai greve, ma segue passo passo la sua creatura, di cui svela poco a poco i tanti pregi e i pochi difetti, e in questa ascesa sociale è costante la presenza di una virtù a cui Salvador, a ragione, tiene tanto: l’onore.
E non è un onore retorico, è l’impegno con tutte le proprie forze per mantener fede alla parola data, per mai venir meno, costi quel che costi, a un’onestà intellettuale che si sposa con una ferma coerenza. Teofilo ha questa virtù e saprà sempre dimostrarla, anche in un gioco complesso e pericoloso quale è il tentativo di riunire due stati sotto un unico scettro.
Scritto, come al solito, in un italiano più che corretto, con una perfetta definizione dei personaggi e con un’ambientazione in cui volentieri ci si immerge, Il trono d’oro è un romanzo a dir poco stupendo.