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Chiappini o d’Orleans?
Dopo aver scritto di Nannerl Mozart, sorella del ben più noto Amadeus, nel suo riuscitissimo La sorella di Mozart, Rita Charbonnier ha pensato di cimentarsi con un altro personaggio realmente esistito, tale Maria Stella Petronilla Chiappini (Modigliana, 16 aprile 1773 – Parigi, 23 dicembre 1843).
Ma se Nannerl era ed è tutto sommato un personaggio conosciuto, chi è mai questa signora romagnola?
Premetto subito che coloro che ne sanno qualcosa si dividono immancabilmente in convinti assertori della sua storia, oppure in fieri avversari, o anche, come nel mio caso, in scettici.
Questa signora non sarebbe stata la figlia dello sbirro Lorenzo Chiappini e di Vincenza Diligenti, coniugi di umili condizioni, bensì di Louis Philippe Joseph d’Orleans e di Louise Marie Adélaide de Bourbon Penthièvre, di cui il primo era un discendente di Anna d’Austria e la seconda di Luigi XIV, insomma il famoso re Sole. Infatti, per ragioni dinastiche e proprietarie, Louis Phlippe aveva bisogno di un figlio maschio, che la consorte, ancora una volta incinta, non riusciva a dargli; dopo laborioso ricerche si trovò a Modigliana, grazie alla collaborazione della contessa Camilla Borghi-Biancoli, una gestante, così quando i due parti avvennero pressoché in contemporanea (una vera e propria stranezza), il maschio nato da Vincenza Diligenti fu sostituito con la femmina di Louise Marie Adélaide, operazione effettuata dietro un generoso compenso al Chiappini.
Poi, le vicende della vita fecero sì che il neonato, a cui fu attribuito il nome di Luigi Filippo I, duca d’Orleans, diventasse re dei francesi, e che invece la femmina, Maria Stella Petronilla diventasse anch’ella nobile, grazie al matrimonio con un lord inglese, e, morto questi, a un’altra unione nuziale con un barone russo. Fra l’altro, la fanciulla, diventata donna e in età non più giovane, appreso di questo scambio, cercò inutilmente di farsi riconoscere la reale paternità.
Come è possibile rilevare è una storia del tutto particolare, anche se non infrequente (già nel 1850 circolavano voci che Vittorio Emanuele II non fosse il figlio di Carlo Alberto, ma di un macellaio fiorentino, a cui peraltro assomigliava in modo strabiliante). Sono vicende che non possono che appassionare il popolino e che se tradotte su carta nel 1800 costituivano quel genere di romanzi chiamati feuilleton, di cui Alexandre Dumas padre era fra i più acclamati autori.
E infatti, molto opportunamente, Rita Charbonnier non ha voluto scendere in questo genere, diciamo pure francamente inferiore alla sua produzione, ma, attratta dalla storia e, a quanto mi sembra di aver capito, convinta delle ragioni della protagonista, ha voluto parlarne con un’invenzione letteraria estremamente efficace. In pratica ha creato un incontro fra Dumas e Maria Stella, con la scusa dell’astrologia di cui la donna è una cultrice, portando i due personaggi a colloquiare, in particolare lei, tesa a raccontare la sua straordinaria vita affinché il grande narratore francese la trasponesse in un romanzo.
L’idea è geniale anche perché da un lato c’è chi è convinto assertore delle sue rivendicazioni nobiliari (lei) e dall’altro uno scettico (lui) altalenante fra il credere e non credere, risoluto poi alla fine a non scrivere il romanzo.
Aggiungo, subito, che il libro consta di 368 pagine, ma scritte in modo così avvincente e per nulla greve, al punto che si leggono quasi tutte d’un fiato. E questo è uno dei tanti aspetti positivi dell’opera, perché ve ne sono anche altri e ben più importanti. Considerata la capacità di Rita Charbonnier di analizzare l’animo umano, di portare alla luce anche le caratteristiche più nascoste, è semplicemente splendida nel delineare i personaggi, i cui due principali non sono come si potrebbe supporre Maria Stella e Luigi Filippo I, bensì la prima e Vincenza Diligenti, quella che può essere definita la madre adottiva. Da un iniziale rapporto di conflittualità – benché la prima non sappia ancora di non essere la sua vera figlia – si arriva, attraverso un percorso, anche doloroso, a un riconoscimento di amor filiale, privilegiato rispetto a quello che nasce dalla legittimazione di una nascita, perché il genitore è chi ti alleva, chi si prende cura di te, chi è capace di confortarti, di riprenderti, di esserti vicino anche da lontano. E’ veramente ricreata bene la trasformazione di Maria Stella, dall’odio verso Vincenza, alla riconoscenza, all’affetto che, se anche forse non è ancora amore, è comunque un sentimento talmente forte e coinvolgente da riassumersi nel pianto sincero della figlia alla morte di quella madre che, se anche non l’ha generata, si è comunque comportata come tale, nonostante che Vincenza non avesse mai goduto dell’amore materno, in quanto allevata in un ospizio di trovatelli.
E un particolare significato ha pure quello dell’astrologia, degli oroscopi fatti a Dumas, dei vaticini, di cui comunque precisa Maria Stella non ci può esser certezza. Indubbiamente gli astri hanno il loro influsso, ma per ognuno di noi esiste un destino che solo in parte crediamo di modificare; è quel fato che ci accompagna dall’alba al tramonto della vita, che riserva alla protagonista gioie e anche immensi dolori, ma che le riserverà la soddisfazione nel suo ultimo periodo di esistenza di scoprire che un genitore adottivo non è diverso da uno naturale e che in fondo Vincenza, se non era nobile per origini, lo era senz’altro d’animo.
La strana giornata di Alexandre Dumas è un libro che resta nel cuore.