Dettagli Recensione
Odysseo, Ulisse, Nessuno.
Odysseo, re della rocciosa Itaca, generato da Laerte e dalla regina Anticlea, cui è stato imposto il nome dal nonno Autolykos che in certe notti di luna piena si dice si trasformi in lupo, si racconta in questo libro intenso.
Odysseo, colui che odia o colui che è odiato, ma io l’ho amato dalla prima all’ultima pagina. L’ho amato quando sceglie la saggia Penelope nonostante la bellezza sfolgorante di Elena, perchè ”Lei è d’oro, tu sei…” “Di legno, atta. Il legno delle nostre querce sul Nerito, che solo il fulmine di Zeus può schiantare. Il legno che galleggia sempre mentre l’oro va a fondo.”
Ho gioito con lui quando costruisce il talamo nuziale intorno ad un vecchio ulivo, quando nasce il figlio Telemaco, quando riesce a evitare la guerra tra i pretendenti della donna più bella del mondo.
Ma ho amato anche l’umanissima codardia di Nessuno che sfugge all’ infuriare della battaglia a Troia e piange lacrime disperate nascosto nella sua nave, ne ho condiviso la viltà con cui tradisce il colossale Aias, la creatività con cui subdolamente fa capitolare un’intera città.
V.M. Manfredi fa dire a Odysseo, il re dal pensiero complesso: “L’uomo non è fatto solo di muscoli e di tendini, la mente è la parte sua più alta e nobile, quella che lo rende simile agli dei. La mente è l’arma più potente.”
Ulisse , protetto dalla dea Athena dallo sguardo verde-azzurro, è colui che compirà nella città di Priamo ciò che il destino ha stabilito. Nessuno può andare contro il Fato, e anche gli dei devono inchinarsi ad esso. Gli abitanti dell’Olimpo possono allungare a loro piacimento la durata della guerra, far prevalere a fasi alterne i due eserciti schierati, ma non possono cambiarne l’epilogo.
Anche noi, nel nostro piccolo, in questo caso sappiamo come andrà a finire, eppure Manfredi compie il miracolo di tenerci incollati alle pagine con la sua capacità di usare le parole, una vera e propria macchina da guerra narrativa, tanto per restare in tema.
Con l’escamotage del racconto in prima persona l’autore riesce a coinvolgerci come se noi fossimo là, nell’antica Grecia, oppure a Troia, durante la prova difficilissima della battaglia corpo a corpo: “Finché si combatteva sembrava di vivere in un altro mondo, in un altro luogo, non si sentiva la paura né il dolore, si era invasi da un’ebbrezza delirante simile a quella che danno il vino, la febbre e l’amore insieme. E la vicinanza della morte.”
L’Odysseo di Manfredi, fedele al personaggio omerico, non è invincibile come altri eroi fisicamente più dotati, Achille, Ettore, Aiace. Ma è colui che sa usare al meglio il pensiero, e quella rara capacità che hanno solo alcuni di essere veggente, cioè di vedere oltre, di non lasciarsi impastoiare in una visione scontata della realtà.
Il sequel di “Il Giuramento” dovrebbe uscire tra qualche mese e non me lo perderò sicuramente. Nel frattempo, mi è venuta voglia di tornare a leggere i versi originali da cui con grande maestria V.M.Manfredi ha tratto ispirazione per riproporci la storia “dell’uom di multiforme ingegno … che molto errò”.