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Marcello Fois: “Stirpe”
Quando Michele Angelo Chironi perde finalmente la pazienza siamo ormai giunti a quattro quinti del romanzo. Novello Vanni Fucci, mostra le ficche al cielo e ne ha ben donde: sulla sua neonata stirpe si sono abbattute tante disgrazie da far sembrare la vicenda dei Malavoglia al più segnata da qualche contrattempo. La nascita e le tribolazioni della famiglia Chironi occupano uno spazio di quasi sessant’anni, tra la fine dell’ottocento e la seconda guerra mondiale: l’amore nato improvviso fra due trovatelli, la forza di costruire un nuovo nucleo e quella di resistere a (quasi) tutte le disgrazie. Attorno a loro il mondo cambia, con il progresso che si insinua anche nella Barbagia selvaggia, mischiandosi – o, forse, solo sovrapponendosi – all’arcaica società contadina aiutato anche dall’irrompere di eventi lontani e incomprensibili. Che tutto questo stia in un romanzo di neppure duecentocinquanta pagine che si fanno sfogliare voracemente potrebbe sorprendere, ma l’autore riesce nell’impresa prendendo spesso per mano il lettore e facendolo entrare nei più intimi segreti dei suoi sfortunati personaggi. Il tono colloquiale è spezzato di tanto in tanto da alcune pagine più complesse, che richiedono a chi sta leggendo una maggiore attenzione: accade quando l’elemento magico fa capolino nella storia, trasformando la Sardegna ventosa e ricca di umori – i profumi e gli odori caratterizzano molti luoghi della narrazione – in una terra incantata dove i legami, famigliari e non, diventano empatia e risonanza.
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