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Il volto di Arminio e la Notte di Roma
Arminio è stato, con Annibale di Cartagine, il Re Parto di Carre e pochi altri il solo che abbia battuto sonoramente le legioni di Roma in una battaglia anche se, a mio modesto avviso, Annibale Barca rimane il solo ad aver raggiunto tale risultato in una battaglia campale nella quale le masse manovriere e manovrate della legione e delle fila cartaginesi operarono al massimo grado dell'arte militare dell'epoca. Arminio è indubbiamente l'antesignano di tutti i terroristi di ogni tempo, piuttosto.
Emma Pomilio ha fatto di lui una figura più complessa delle scarne notizie storicamente accertate, ma un romanzo storico può e deve avere una sua propria autonomia e, quindi, l'operazione è quantomeno legittima ad ogni buon conto.
Publio Quintilio Varo viene presentato forse assai meglio di certa storiografia recente che risale agli studi di Luttwak sulle strategie dell'ars militare romana. Tuttavia, Varo, più che la bravura di Arminio, fu responsabile della disfatta a Teutoburgo, per leggerezza, superficialità e quel pizzico di superbia che in un comandante dovrebbe essere sempre contemperata dal giusto senso delle cose.
Ma forse, il reale responsabile della disfatta è, invece, quell'Augusto che la pianse assai a lungo e che non avrebbe dovuto scegliere un comandante abituato alle impervie vie di Grecia o ai deserti di Siria per le tetre foreste della Germania. Augusto il baro, augusto il principe non ancora imperatore, Augusto l'ipocrita sostenitore delle dignità senatoriali e, infine, Augusto la figura in ombra ma non per questo meno presente nel romanzo di Emma Pomilio. Ho letto nella recensione d'un collega che Emma Pomilio farebbe parlare Augusto attraverso Livia: sono d'accordo fino ad un certo punto! Livia aveva il suo tornaconto nell'essere la consorte di Augusto ed Emma Pomilio lo conferma.
Ho letto che molti hanno scritto delle figure femminili e mi sento di confermare quanto hanno scritto: voglio aggiungere di mio che senza di esse Lucio Cornelio sarebbe poca cosa di per sé.
Tuttavia, anche lui ha sue proprie qualità: il dubbio, la insicurezza propria di quel tempo e di certi patrizi e comunque dà l'impressione di crescere durante l'avanzare della storia, quasi che come certi personaggi teatrali acquisisca coscienza e consapevolezza di sé man mano che vive. Se debbo criticare qualcosa, debbo farlo nei quadri narrativi che talvolta sono un po' distanziati come in un certo Grisham. Comunque si tratta di un buon romanzo.