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Romanzo storico accurato e appassionante
Il lessico della Bellonci è ricercato ed elegante. Si sposa benissimo con il periodo storico e gli ambienti di cui narra. La corte dei Gonzaga nella Mantova Cinquecentesca appare vivida e più vicina, grazie alle descrizioni della quotidianità di corte. Siamo abituati a mandare a memoria date e nomi e spesso scordiamo che la storia è fatta da persone, uomini e donne che hanno nelle loro mani i destini di un popolo. Isabella d’Este è stata una grande donna, capace di condurre il marchesato di Mantova nonostante le insidie politiche (strozzata dallo strapotere dei Borgia prima, di papa Leone X Medici poi e divisa tra Vaticano e Impero sempre). Contro di lei anche l’inaffidabilità degli uomini di casa Gonzaga. Suo marito, Francesco, donnaiolo e spavaldo, che si fa catturare stoltamente dalla Serenissima e il figlio Federico, futuro Duca di Mantova, soggiogato dalle passioni amorose. Ed ecco che da questa sorta di diario di Isabella risaltano le figure di tutti coloro che la circondano, in uno spaccato tridimensionale che ci avvicina alla famiglia Gonzaga, alla corte di fanciulle, nani e soprattutto gli uomini di grande intelletto: Pirro Donati tra tutti. Sullo sfondo le corti di Milano, Ferrara, Roma e tutti i personaggi di spicco che l’Italia rinascimentale può vantare.
Non mancano flashback all’infanzia di Isabella, periodo in cui a Ferrara conosce Robert de la Pole, personaggio fittizio magistralmente inventato e condotto dalla Bellonci. Attraverso i suoi carteggi privati e a senso unico veniamo a conoscenza di ciò che tormenta l’Europa (la nascita del Protestantesimo e le lotte alle eresie luterane) e l’Inghilterra di Enrico VIII. Ottimo espediente per parlare delle ripercussioni che queste nuove correnti di pensiero avevano nelle terre italiche.
Peccato che in molti si facciano scoraggiare dal linguaggio sofisticato della Bellonci.
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D.
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