Dettagli Recensione
Non il miglior Manfredi
Sinceramente l'ho trovato un po' troppo lungo e, a tratti, faticoso da leggere. Credo che Manfredi avrebbe dotuto snellire l'opera evitando di ripetere ossessivamente certe situazioni: Abira che prepara la cena, l'armata che saccheggia i villaggi e trova capre, foraggio, birra (cos'altro avrebbero dovuto trovare? il biglietto vincente della lotteria di Merano?), e altre scene che sicuramente si si sono ripetute giorno dopo giorno nella vera spedizione, ma che in un libro finiscono per appesantire la lettura. Lo stile è quello classico di Manfredi, ricorda più un commentario che un romanzo, anche se di tanto in tanto Manfredi si concede slanci poetici (non sempre felici, secondo me).
Per quanto riguarda la trama, che è la cosa che più mi interessa in un libro, l'idea di raccontare la storia dell'armata dal punto di vista di una ragazza al seguito dell'armata è sicuramente buona e in generale la vicenda romanzata si interseca bene con la storia narrata da Senofonte; ho delle perplessità sulle dinamiche dell'innamoramento tra i due che mi sembrano molto leggere, ma d'altra parte è un romanzo, quindi lo accetto; quello che non mi è piaciuto è il finale. Fino a poche pagine dalla fine la trama, bene o male, regge, ma nelle ultime pagine Manfredi è come il cavallo che rompe in dirittura d'arrivo.
- SPOILER non leggere se avete intenzione di leggere il libro -
Senofonte la ama alla follia, è pronto a morire per salvarla quando viene scoperta nella tenda di Sophos e poi, al momento clou, le propone di seguirlo ad Atene come serva perché deve sposarsi con una che neanche conosce? E' chiaro che Manfredi si è trovato nella condizione di dover far combaciare il percorso di vita del suo Xeno con quello del vero Senofonte, che non risulta essersi mai sposato con una paesana siriana, e quindi in qualche modo ha dovuto "far fuori" Abira, ma il modo che ha scelto non mi ha convinto. Il vero problema del finale, comunque, è la ricomparsa di Menon del quale perdiamo le tracce quando i persiani privano l'esercito greco dei suoi generali, lo rivediamo quando salva la vita ad Abira nella bufera di neve (ho capito subito che era lui, il mantello candido...) e poi alla fine quando va a prendere Abira. Bene. OK. Le motivazioni del suo amore per Abira sono ancora più traballanti di quelle di Xeno, ma lasciamo stare. Le domande che mi pongo sono: quando si è liberato, perché non è rientrato nei ranghi dell'esercito ma ha preferito seguirlo a distanza? non ha senso, ha lasciato i suoi uomini senza il loro leader. Perché? Manfredi allude al fatto che sia sempre stato innamorato di Abira, ma l'unica volta che i due si trovano insieme da soli durante il romanzo lui sta facendo il bagno e chiede alla ragazza di spogliarsi e unirsi a lui (doppio senso); non mi sembra proprio una gran dimostrazione di rispetto per la donna della quale sarebbe teoricamente innamorato. Ultima domanda: perché non si presenta ad Abira quando Xeno la "ripudia"? perché le fa fare un viaggio di quasi due mesi in compagnia di una banda di beduini fino al suo villaggio? a parte che secondo me una bella donna che viaggia sola sarebbe stata stuprata e/o fatta schiava dai carovanieri, altro che accompagnarla fino a casa, ma tant'è... Capite che il comportamento di Menon non ha senso, a meno che non si voglia pensare che il greco non abbia seguito la carovana ma sia arrivato al villaggio per i fatti suoi. E allora uno si chiede come facesse a sapere che Abira era diretta a casa (ammesso che Menon sapesse/si ricordasse il nome del villaggio di origine di Abira)
- FINE SPOILER -
In conclusione, è un buon libro che si può leggere anche se non è, secondo me, uno di quelli che leggeresti tutto d'un fiato e che non vedi l'ora di finire. Lo stile è quello solito di Manfredi quindi chi ha già letto altre sue opere non avrà problemi, la trama regge abbastanza bene fin quasi alla fine, ma purtroppo naufraga miseramente in un finale che sembra un tentativo malriuscito di sorprende il lettore.
C'erano le basi per qualcosa di meglio.