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Manfredi appannato
Di Manfredi (del quale ho letto tutti i libri) ho sempre apprezzato la capacità di caratterizzare molto bene i personaggi storici, facendoteli amare o odiare, quasi ce li avessi di fronte. Come alessandro magno, con tutte le sue controversie, così ben delineato, altro che l’Alexander che poi ho visto al cinema. La prosa, inoltre è sempre stata leggera e gradevole. Forse le scene di sesso le avevo trovate un po’ banali, ma questo non significa nulla, in un romanzo storico si limitano a tre quattro righe in tutto. In questo libro ho visto ben poco di queste caratteristiche. L’idea di una donna che scappa con Senofonte e lo accompagna lungo tutta la sua peregrinazione in Asia, mi è sembrata un po’ scialba. Inoltre i mercenari greci si ritrovano tutto d’un tratto sperduti e senza guida, così, in un battito di mani. Non l’ho finito, non mi ha preso eho preferito andare a leggere, tanto per curiosità, l’Anabasi di Senofonte, la reale cronaca di quell’avvenimento. Lo stile era molto più semplice e diretto, un resoconto di un’avventura incredibile, come dovrebbe essere. Questo romanzo, credo, è l’eccezione che conferma la regola: se ti prendono sin dall’inizio, i romanzi di Manfredi si fanno divorare, altrimenti meglio lasciar perdere.