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L'angelo di Marchmont Hall
 
L'angelo di Marchmont Hall 2017-08-29 11:50:24 ClaudiaM
Voto medio 
 
2.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
ClaudiaM Opinione inserita da ClaudiaM    29 Agosto, 2017
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Le tragedie di Marchmont Hall

Le antiche tragedie greche a confronto con questo romanzo diventano allegre commedie! In tutti i racconti di questo genere che ho letto non si parla mai di fatti troppo felici, ma in questo caso rasentiamo l’inverosimile. “L’angelo di Marchmont Hall” narra la storia di tre generazioni di donne che sembrano colpite da una maledizione, ma chi ne subisce le peggiori conseguenze sono tutte le persone che disgraziatamente (e inspiegabilmente) gli volevano bene.
TRAMA. Greta ha perso ormai la memoria da circa cinque anni a causa di un incidente. David, un suo caro amico, fa di tutto per aiutarla a ricordare e per il Natale del 1985 riesce a convincerla a tornare a Marchmont Hall, il luogo dove sembra tutto sia cominciato. Non appena Greta arriva alla tenuta, le speranze di David si avverano e la donna inizia a ricordare.
Era appena finita la Seconda Guerra Mondiale, Greta era una bellissima giovane ragazza che lavorava in una specie di nightclub, stesso posto dove David si esibiva come comico. Tuttavia, dopo un’avventura con un ufficiale americano, Greta resta incinta e disperata chiede aiuto al suo amico.
David, follemente innamorato di lei, non può che fare di tutto per darle una mano, così la manda a vivere nella tenuta di famiglia (Marchmont Hall), con sua madre LJ e suo zio Owen. Ma l’amore di David non è minimamente ricambiato e Greta, senza casa e senza soldi, decide di fare un matrimonio di convenienza sposando Owen, che ha quasi tre volte la sua età. Con l’assicurazione di avere ogni giorno del cibo da dare a suo bambino, un bel giorno Greta partorisce ben due figli: Jonathan e Francesca (Cheska).
Da qui si susseguono mille e mille eventi che narreranno le successive scelte di vita di Greta, le conseguenze su sua figlia Chescka e le ripercussioni su tutti gli altri poveri malcapitati nella sua vita.
Le sventure che perseguitano questi personaggi sono a mio parere un po’ troppe, tanto che alla fine mi chiedo come Greta, recuperata la memoria di tutto, non si sia data una botta in testa per riperderla. Il fatto che non sembri troppo sconvolta da tutto quello che le è tornato alla mente con la potenza di un uragano, non è minimamente credibile. Almeno prima le tragedie erano diluite nell’arco degli anni e divise tra i personaggi, mentre ora a lei arrivano tutte le informazioni in una volta.
Come minimo dovrebbe andare in analisi…
È la stessa cosa che avevo osservato leggendo “Il giardino degli incontri segreti”, dove la protagonista (Julia) subiva una disgrazia dietro l’altra ed era sempre sotto shock.
Altro piccolo dettaglio che mi ha turbato un po’ è che, da quel che ho capito, la Greta del 1985 non ha uno straccio di lavoro da cinque anni e passa le giornate a fare nulla. Non capisco come faccia con le bollette e soprattutto, successivamente, a trovare i soldi per voli aerei, corsi di yoga e lezione di arte. Mah!
Infine, una caratteristica della Riley che troviamo in tutti i suoi romanzi (o almeno, in tutti e quattro quelli che ho letto) è che nei dialoghi si usa sempre “Tesoro” o “Cara” tra persone che si conoscono sì e no da una settimana. Magari io non sono una persona romantica, chissà, ma questi appellativi mi facevano proprio saltare i nervi!
Nel complesso il romanzo non è malaccio, ma forse è un po’ “troppo”.

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