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Una piccola libreria a Parigi
 
Una piccola libreria a Parigi 2014-12-12 20:02:06 AndCor
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
AndCor Opinione inserita da AndCor    12 Dicembre, 2014
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Viaggiare per ritornare a vivere

Jean Perdu è un 'giovane' cinquantenne proprietario della libreria-imbarcazione chiamata 'Farmacia letteraria', una "chiatta con una pancia cascante, una cambusa, due cuccette, un bagno e ottomila libri.". Il suo punto di forza risiede nella straordinaria empatia con la quale riesce a soddisfare ogni richiesta e bisogno dei propri clienti, in quanto leggere è "un viaggio senza fine. Un lungo, infinito viaggio, in cui si diventa più miti, più amorevoli e umani.", anche se il suo animo è ben lontano dall'essere felice e appagato: questo perché ventuno anni addietro la sua ex fidanzata Manon lo ha abbandonato, apparentemente senza alcun motivo, lasciandogli solamente una lettera che non ha mai avuto il coraggio di leggere. Una vita scandita da routine e sostanziali abitudini, quella del protagonista, almeno sino a quando non conoscerà Madame Catherine, una nuova inquilina del palazzo, che lo costringerà a scoprire il contenuto della missiva. Un contenuto inaspettato, sorprendente, che spalancherà nuovi scenari nell'umile quotidianità del libraio e che lo condurrà in un viaggio alla ricerca di un passato rimasto ancora sospeso fra la nostalgia e la malinconia di una vivida rimembranza e poco più.

Siamo di fronte a un vero e proprio romanzo di formazione ambientato in una fiabesca "Parigi di Giugno: carica di fiori di timo e di aspettative", il cui civico 27 di Rue Montagnard brulica di vita grazie a un podologo cieco, un artigiano ghanese e due anziane pettegole. E' proprio da questo (solo sulla carta) anonimo palazzo che parte la 'seconda vita' di Jean Perdu dopo che ha scoperto tutta la verità sul suo primo amore, indimenticato e assolutamente indimenticabile.
Dal palazzo al salire a bordo di Lulù, vezzeggiativo con cui Perdu indica il proprio 'pronto soccorso', il passo è breve: e così, in compagnia del napoletanissimo Salvatore Vitale ("lo sfacciato, nato in un incidente in un'ora libera fra sua madre, donna delle pulizie, e un insegnante sposato.") e dello scrittore Max Jordan ("l'ultimo tentativo di un matrimonio ormai congelato fra un ex sostenitrice del sì e un uomo pedante corroso da aspettative e delusioni."), l'autrice incammina il protagonista in un meraviglioso viaggio provenzale attraverso luoghi semisconosciuti nei quali "Era una Francia antica e pigra quella che si presentava ai loro occhi: gradevole, nobile, verde brillante e unica.", che lo cambierà radicalmente a livello interiore giorno dopo giorno, riflessione dopo riflessione. Il tutto mentre rimarrà tangibile la presenza di una trascendente Manon su Jean, e infine "poi anche io diventerò luce e sarò dappertutto.".

Un libro cucito e preparato su misura per tutti quelli che hanno smesso di vivere e che rappresentano i 'Mattia Pascal' del XXI secolo. E' a queste 'vite a metà' che si riferisce la scrittrice quando afferma che "La morte non significa nulla. Restiamo sempre quello che siamo stati l'uno per l'altro." e, soprattutto, quando assegna loro un compito: "Portiamo dentro di noi i nostri morti e i nostri cuori bianchi. Sono loro che ci rendono quelli che siamo.".

Affinchè un giorno anche di noi si possa dire che
"«Tu percepisci e vedi attraverso la maschera dietro cui si nascondono in molti. Riesci a capire tutto quello che li preoccupa, quello che sognano e quello che gli manca.»
Tutti hanno un talento, la trasmiranza era il suo."

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