Dettagli Recensione
"Il richiamo dell'angelo" di G. Musso - Commento d
Un romanzo che, nell’ultima parte, s’impenna nel thriller: un registro abbastanza insolito per Guillaume Musso, che ci ha abituato a una narrazione a cavallo tra dramma, commedia e fantasy.
“Il richiamo dell’angelo” parte con il tono della commedia americana, quella dei film in bianco e nero anni quaranta e cinquanta con i primi miti di Hollywood: la scena introduttiva si svolge in aeroporto, a New York, dove Jonathan e Madeleine si urtano e, casualmente, si scambiano il cellulare.
Lui è uno chef di grido, che ha conosciuto la fama e la ricchezza, ma che oggi è decaduto e gestisce, con uno strampalato cognato, un ristorante di second’ordine a San Francisco.
Lei è una ex-poliziotta, oggi proprietaria di un negozio di fiori a Parigi.
A partire dallo scambio dei cellulari, nelle prime due parti del romanzo assistiamo a una progressiva intrusione di ciascuno dei due nella vita dell’altro: la commedia cede il passo al dramma, perché la curiosità che cattura entrambi porta a scavare nei segreti della vita dell’altro. Jonathan scopre che Madeleine si è occupata della sparizione di Alice, una quindicenne scomparsa dai bassifondi di Manchester: il suo caso è stato archiviato con un verdetto di morte e la cattura di un omicida seriale, mentre alla polizia è stato recapitato il cuore che l’esame del DNA ha attribuito alla ragazza scomparsa.
Jonathan vive una vita di ripiego: con una ex moglie della quale sembra ancora innamorato, un figlioletto con il quale trascorre la vacanza di Natale .. Da vero ex, in tutti i sensi: “ex chef più creativo della sua generazione, l’ex Mozart della cucina, l’ex titolare della miglior tavola del mondo”.
Entrambi i protagonisti sono sopravvissuti a un tentativo di suicidio: quello di Madeleine sventato da un collega, quello di Jonathan sventato da … Alice!
Finale, dicevo, da thriller con Jonathan e Madeleine a New York, sulle tracce di Alice. I colpi di scena si susseguono sullo sfondo del luna park fantasma di Coney Island, in una città surreale e innevata.
A parer mio gli spunti più originali sono quelli ai quali Musso ci ha abituati: nelle pagine introduttive, quasi un articolo di costume sull’uso dei cellulari. O le considerazioni sul destino: “Se lei fosse entrata in quella caffetteria trenta secondi prima o trenta secondi dopo, non si sarebbero mai incrociati. Era scritto. Uno strano scherzo del destino che aveva scelto di avvicinarli in un momento decisivo. Il richiamo dell’angelo, come diceva sua nonna …”
Musso sa come tener desta l’attenzione del lettore: ricorre a un’azione dinamica, sorreggendola con riflessioni vagamente new age, e utilizza strumenti grafici che rendono i suoi romanzi movimentati anche dal punto di vista visivo.
Come da tradizione, l’autore francese introduce ogni capitolo con una citazione. Tra queste, ricorre due volte una frase attribuita a Victor Hugo: “I più begli anni di una vita sono quelli che non si sono ancora vissuti” . Anche se “Nessuno può portare a lungo la maschera” di Seneca è quella maggiormente congeniale a ...
… Bruno Elpis