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O SOLE MIA
Una musica da ballare. Un aereo su cui salire. Un sentimento da rivelare. Per qualcuno sono piccoli gesti di vita, non bisogna nemmeno ricorrere al coraggio per compierli ogni giorno. Ma per altri, come la fragile e timida Sole, sono ostacoli insormontabili. Le gambe pesano tonnellate al suono della musica e le mani cominciano a tremare al solo pensiero di intraprendere da sola un viaggio. È paura.
Senza nemmeno rendercene conto, consentiamo alla paura di impadronirsi della nostra vita, di tentarci con la sua promessa di serenità e sicurezza, di confortarci con il calore dell’abitudine. Paura di cosa? Di inciampare ed essere derisi. Di risultare goffi e inadeguati. Che solo la perfezione meriti interesse, attenzione, affetto.
"Credo non ci sia niente di più lontano dalla felicità che cercarla nella testa degli altri invece che in noi stessi".
Un evento imprevisto e doloroso, la morte della sua più cara amica, porterà Sole a guardare diversamente al tempo e alla vita. Scoprirà così che dentro di sé ci sono forze e possibilità e sogni, ma per ascoltarne la voce è necessario oltrepassare quella coltre di paure che ovatta ogni suono. Come? Con un percorso di coraggio: affrontare una paura al giorno per cento giorni.
“Non so cosa voglio, e la paura è una coltre di nebbia che mi ha sempre impedito di vedere l'orizzonte”.
Merito a Chiara Parenti di aver proposto un tema così importante, arricchendo ogni pagina di introspezione e delicatezza. Nell’insicurezza e nei timori della protagonista ogni lettore (o meglio lettrice) potrà ritrovare frammenti di sé e regalarsi un sorriso di speranza attraverso le sue piccole e grandi conquiste. Ma se vere sono le emozioni di cui è pervaso il personaggio, la storia si incammina a mio avviso su una strada piuttosto artefatta e prevedibilmente rosa. Sole comincerà a buttarsi all’improvviso nelle peripezie più impensate, incontrerà una serie di compagni di avventura che le infonderanno forza con enfatiche frasi a effetto e, ovviamente, vivrà l’amore.
Portatrice sana di un messaggio di positività ed entusiasmo, la storia sa farsi comunque apprezzare, pur non brillando per originalità. L’eccessiva numerosità e il carattere eccezionale delle esperienze messe in campo, però, hanno in qualche modo tolto autenticità al racconto. Si sarebbe ottenuto, a mio modesto parere, un risultato più sincero scegliendo una dimensione più semplice e quotidiana, concentrandosi sulle sfumature emotive piuttosto che scomodare tarantole velenose e api inferocite. Affrontare le proprie barriere emotive e abbassare gli argini di protezione è un processo complesso e difficile; la sensazione è che qui purtroppo sia stato a tratti banalizzato.