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Stoia di quattro amiche milanesi
Mi sono accostato per la prima volta alla cosiddetta “letteratura rosa”, per una curiosità da lettore accanito e, devo aggiungere, per la fama conquistata sul campo dalla milanesissima Sveva Casati Modignani, autrice con milioni di copie vendute, tradotta in mezzo mondo. Ho appreso anche che il suo vero nome è Bice Cairati (dal nome della nonna nella cui casa la scrittrice vive), che ha ormai più di ottant’anni, che ha scritto i primi romanzi in collaborazione con il marito, che è presente in varie testate giornalistiche e che lo pseudonimo, evocatore di nobili ascendenze, le è stato suggerito da Barbieri Torriani, editore della Sperling e Kupfer. Ciò premesso, veniamo al romanzo, in verità forse uno dei più brevi della scrittrice, ma non per questo meno rappresentativo. E’ la storia di quattro amiche milanesi, che si ritrovano abitualmente in un ristorante di piazza Novelli a Milano, in una saletta riservata dove potersi raccontare confidenze e speranze. Ognuna ha un suo passato peculiare. L’unica maritata è Maria Sole, con un figlio e un marito che le confesserà di essere gay e le proporrà una sorta di ménage a tre, decisamente rifiutato. Le altre hanno storie non meno complicate. Gloria convive con un tizio senza arte né parte, figlio di un arzillo settantenne che si fa circuire da una badante profittatrice e se ne libera grazie ad un commissario di polizia amico di Gloria. Carlotta è innamorata di un famoso chirurgo con moglie e figli, che la pianta appena la poverina gli dichiara di essere perdutamente innamorata. Infine c’è Andreina, che ha una storia più articolata, narrata dall’autrice nella seconda parte del romanzo: dall’infanzia a Porto Cesareo agli studi ed ai primi amori, fino all’incontro occasionale con Bill durante una vacanza in Inghilterra. Ma Bill, rappresentante per l’Europa della catena di magazzini di cui Andreina è diventata capo del personale, è già sposato: ma la passione reciproca non cede, Andreina scopre di essere incinta, e Bill sta per arrivare in Italia, proprio in visita alla ditta dove lavora Andreina… Si attendono sviluppi della storia, che solo un futuro, non svelato, potrà chiarire…. Alla fine le amiche si ritrovano (siamo a Natale) in uno storico ristorante dei navigli milanesi, il “ brellin di lavandé”: fanno il punto sulle loro vicende, confidando, nonostante ostacoli e difficoltà, nella forza di essere una vera squadra di amiche. E ricordandosi, afferma una di loro, che “non è necessario avere una fede al dito per vivere pienamente un rapporto d’amore ed essere serene”.
Questa è la conclusione, e anche la morale, del romanzo, nulla di più. Lo stile è limpido, sobrio, senza sbavature, la narrazione è bene articolata e si fa leggere abbastanza piacevolmente.