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L'antenato di 50 Sfumature
Anni fa pensai di compare questo libro ma, per un motivo o per l’altro, non mi decidevo mai. Un mese fa si è finalmente presentata l’occasione e mi son detta “adesso o mai più” … beh, sarebbe stato meglio “mai più”. La trama, che all’epoca mi era piaciuta molto, la ricordavo vagamente; rammendavo che fosse un romanzo rosa, ma nulla più. Riguardando la copertina un oscuro presagio si è insinuato in me ma non vi ho dato retta. Purtroppo, leggendo il libro i miei timori sono stati confermati.
E’ evidente che “Cinquanta sfumature” non sia stato il primo volume del suo genere, ce n’erano stati altri prima e in questo caso, si tratta anche di una scrittrice nostrana. Con questo non voglio dire che “Roma 40 d. C.” sia spinto come il suo successore, ma il genere è decisamente quello; nonostante ciò, la cosa non mi avrebbe disturbato se fosse stata accompagnata da una storia degna di questo nome ma così non è stato. L’inizio preannunciava, se non un buon romanzo, almeno qualcosa di passabile, ma più mi inoltravo tra le pagine e più non vedevo l’ora che finisse, gli ultimi tre capitoli sono stati un vero strazio. Personalmente non ho percepito alcun vero intreccio, piuttosto ho avuto l’impressione che l’autrice si sia limitata a piazzare un avvenimento qua ed uno là a far da diversivo agli eloquenti tentativi di seduzione di Rufo. Diversivo poi, si fa per dire, perché anche quando i due protagonisti non sono impegnati in atti sessuali la scrittrice non manca mai di sottolineare che gli occhi di Livia sono di giada, la bocca di Marco sensuale, i suoi muscoli possenti eccetera eccetera. L’insistenza con cui la Castellano rimarca i connotati virili del guerriero l’ho trovata davvero stucchevole. Non solo, a prescindere dal loro aspetto fisico e da come fossero descritti, ho trovato i protagonisti profondamente contraddittori.
Livia (la cui menzione delle sofferenze patite da adolescente è del tutto inutile ai fini del romanzo) è una patrizia viziata e senza cervello che nasconde l’inconfessato desiderio di essere stuprata da una montagna umana. Livia, che già nel prologo ci viene detto che non piange mai, si ritrova a versare diverse lacrime lungo le pagine. Livia, figlia illegittima del futuro imperatore Claudio, che come tale avrebbe dovuto passare tutta l’infanzia con lui, quando lo incontra dice che si tratta della prima volta. Livia, legatissima alla madre, l’abbandona in fin di vita per andare a scopare prima Settimio e poi Rufo… bah.
Per quanto riguarda Marco, innumerevoli volte ci viene detto che ha vissuto sul confine germanico fin dall’adolescenza e, nonostante questo, conosce ogni singolo plebeo e pettegolezzo di Roma. Ricordando che all’epoca non esistevano altro che le lettere, mi sembra un po’ strano che sia così completamente aggiornato. Fin dall’inizio l’autrice sottolinea che egli è un guerriero senza cuore, cattivo, egoista, rozzo, crudele, eppure mai una volta vediamo il soldato comportarsi come tale, anzi l’esatto opposto. Talvolta proclama che otterrà la morte di coloro che hanno osato mettere in pericolo la sua preziosissima Livia, ma alla fine non mette mai in atto le sue azioni, neanche quando Cassiano colpisce, imprigiona e minaccia di stupro la donna né quando il divino Cesare osa farle fare un piccolo bagnetto.
Per quanto riguarda Turia e Lucio, sono praticamente la copia sbiadita dei due protagonisti; e con i personaggi è meglio che non mi dilunghi oltre.
Al contrario delle impressioni sulla storia e coloro che la popolano, quelle riguardanti la scrittura e l’ambientazione sono totalmente positive. La Roma antica è descritta con minuzia e consapevolezza tali da farla apparire dinanzi agli occhi del lettore; sicuramente sarà stato necessario un notevole lavoro di ricerca che però ha decisamente ripagato di ogni sforzo. Ottima l’idea del glossario, senza il quale chi legge sarebbe stato costretto all’uso del dizionario molte volte. Ho molto apprezzato le descrizioni degli ambienti e ho notato con piacere che è stato usato un registro medio-alto (cosa piuttosto rara), proprio per questo due errori strani mi son saltati ancor più all’occhio: se stesso con accento e “gli” usato per riferirsi alle donne. L’accademia della Crusca ha cambiato le regole dell’italiano senza che nessuno lo sapesse?
In definitiva, posso dire con rammarico che non ho apprezzato affatto il romanzo, tuttavia non mi sento neanche di sconsigliarlo: ho sentito dire che “il mondo è bello perché è vario”.