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Esercizio di stile
Decifrare il titolo enigmatico ed evocativo di questo romanzo è ciò che mi ha spinto a leggerlo, nonostante la storia, che intuivo abbastanza drammatica, non mi avesse attirato.
I primi capitoli del racconto, mi hanno sorpresa. Per quale strano motivo un’autrice, tra l’altro
all’ epoca agli esordi (quindi con tutto l’interesse a proporre qualcosa di nuovo, che si distingua e attiri l’attenzione), esegue una copia precisa dell’inizio di un altro celebre romanzo per presentare il suo lavoro?
Chi ha letto il libro avrà immediatamente notato la perfetta sovrapposizione di questa storia con “Non ti muovere” della Mazzantini.
Beh? Che significa?
So che molte scuole di scrittura creativa, consigliano di ispirarsi a trame note per iniziare a cimentarsi nell’ arte della narrazione…ma si tratta di esercizi! Poi non si viene pubblicati!
Comunque dopo un po’(un bel po’…), il racconto si allontana dal “modello”, per virare verso un dramma a tinte fosche.
La storia è quella di un amore controverso e complesso: quello tra Viola e Carlo.
Diversi, distanti, separati da anni di menzogne e ipocrisia, condividono un’esistenza borghese, tiepida e rassicurante.
Saranno destinati ad incontrarsi davvero, solo nel momento più crudele e drammatico della loro vita.
Viola è una donna contemporanea, che cela dietro una facciata di apparente determinazione, una grande fragilità, fatta di paure e insicurezze.
Vive una situazione comune: ha una figlia adolescente, un lavoro creativo e soddisfacente, una suocera noiosa e petulante.
Ma Viola ha un animo tormentato e un passato nebuloso che le ha lasciato strascichi pesanti. Viola è stata una “cattiva ragazza”, sfrenata e disinibita, a caccia di esperienze forti. L’amore puro e paziente di suo marito non è bastato a redimerla: Viola non è una madre di famiglia, è ancora un’adolescente egoista, insoddisfatta e immatura che si occupa dei suoi cari in modo superficiale e poco attento. Le è rimasta dentro l’inquietudine che la spinge verso una vita parallela, fatta di incontri disordinati e occasionali, che le lasciano solo un grande vuoto nel cuore.
Un brutto giorno sua figlia Luce viene ricoverata: è in fin di vita per una grave epatite, ma Viola tarda a raggiungerla perché mentre sua figlia muore, lei è in un letto sconosciuto, distratta e lontana.
Il racconto prosegue attraverso continui salti temporali: dal capezzale di Luce agli anni della scuola, all’ incontro con il marito, alle scelte sbagliate, fatte senza convinzione, trovandocisi dentro, senza sapere bene come e perché.
Nel flusso di coscienza che sgorga dalla paura, dal senso di colpa che la annichilisce, Viola si costringe a ricordare e ogni episodio la sfinisce e la annienta, mentre parte una corsa contro il tempo che la porta alla ricerca spasmodica di un espediente per salvare Luce.
Nonostante una trama abbastanza inverosimile, il romanzo finisce per coinvolgere e si legge d’un fiato (quantomeno per la curiosità di sapere dove si vuole andare a parare!).
Secondo me resta poco convincente l’estremizzazione dei personaggi: Viola, figura negativa per tutto il romanzo, subisce un rapido e maldestro processo di santificazione negli ultimi capitoli, Carlo il marito, fastidiosamente perfetto nel suo ruolo di mammo , risulta irreale, trasfigurato dal quotidiano sacrificio del tollerare le stranezze della moglie, Angela l’amica-sorella è (non a caso!) un angelo morbido e protettivo che non mette in discussione le scelte schizofreniche di Viola, anzi, inspiegabilmente, le condivide e le avalla, la suocera chiusa e rigida nel suo ruolo, è un personaggio piatto e stereotipato.
Mah, non vorrei dare giudizi affrettati su questa autrice, che mi sembra goda comunque delle simpatie di molti lettori, ma questo romanzo mi ha lasciato parecchie perplessità.
Proverò a leggere il suo ultimo libro (o penultimo, mi sembra una scrittrice particolarmente prolifica) sperando, almeno, in qualcosa di più originale.
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Commenti
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Eppure in questo momento la Rattaro è un'autrice che le grandi case editrici si contendono.
Boh...misteri dell'editoria!
A moltissimi lettori, invece, è piaciuto proprio per l'emozione forte che l'autrice è stata in grado di suscitare, raccontando una storia così estrema.
Però a me la figura del marito ha infastidito e annoiato. Così perfetto, così comprensivo: un santo! Come Viola avrei subito il fascino del tenebroso e bugiardo Massimo! Ciao!
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:-)