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Quell'attimo oramai perduto..
Con una scrittura rapida, chiara e concisa la Bonvicini ha dato vita ad un’opera letteraria interessante e viva. Valerio ed Olivia sono semplicemente la fotografia dell’Italia di oggi.
Il romanzo si apre a Bologna a metà anni ‘70 con Valerio, un bambino di 5 anni figlio di domestici e profondamente legato ad Olivia, la classica “principessina” erede della famiglia Morganti.
Per i primi anni della loro vita i due bambini crescono insieme legati da un affetto puro e sincero, poi, a causa di una inaspettata separazione dei genitori di Valerio vengono divisi, lui è costretto a trasferirsi a Roma con la madre mentre la piccola Morganti continua a vivere tra lezioni di tennis, inglese, sci e chi più ne ha più ne metta. L’unica persona che cerca di farle vedere il Mondo e farle capire che c’è ben altro oltre al benessere a cui la giovane è abituata, è la nonna Manon, una delle poche donne laureatasi in tempo di guerra, socialista, antifascista e terribilmente intelligente ed acculturata. Ma si sa, i giovani tendono sempre a credere di “avere ragione” e di “saperla lunga” rispetto a chi ha qualche anno di vita in più sulle spalle.
Immediatamente Valerio comprende che la sua vecchia vita di “nastrini”, tate e favori è giunta al termine. E’ perfino un’arma a doppio taglio che potrebbe riversarsi contro di lui. Conosce la realtà di “borgata”, impara la “legge del più forte” privo di un qualsiasi supporto morale e affettivo da parte della sua nuova famiglia. Sua madre è ambiziosa, brama talmente tanto il “sentirsi qualcuno”, il “non dover più essere sottoposta ad altri” che non si interessa né del figlio né di Marta, sorella di Valerio frutto della sua nuova vita. Ma è davvero quel “riscatto sociale” che può darle la felicità? O la ricerca continua di un “benessere fittizio” non è altro che un palliativo incapace poi nel concreto di lenire alla sua infelicità? Il padre naturale di Valerio, rimasto a Bologna, conduce un’esistenza insofferente ed arrendevole. Dopo l’abbandono della moglie per un altro uomo si è lasciato andare, è “preda degli eventi”: -“Cosa vuoi.. E’ andata così..”-. Max il patrigno di Valerio è invece vittima dell’ambizione della compagna.
I tempi cambiano e due ragazzi crescono, a tratti si perdono, a tratti si ritrovano e l’affetto puro e sincero che provavano in gioventù si riscopre essere amore. Ma non appena i due se ne rendono conto vengono nuovamente separati dalle circostanze e dagli avvenimenti. Si rincontreranno e si riperderanno per poi ritrovarsi ancora specchiandosi l’uno nell’altra e in ciò che sono diventati. Valerio, figlio dell’ordinarietà concluderà i suoi studi tra sacrifici e volontà ma raggiungendo un obiettivo, Olivia si dimostrerà inconcludente ed incostante su tutti i fronti. Succube della sua alta borghesia si lascerà affascinare dall’apparenza di un’altra e diversa classe media che alla fine si rivelerà essere perfino peggio di quella da cui scappava e da cui tanto si sentiva “affranta”. Non essendo mai stata istruita a “lottare” per raggiungere uno scopo non riuscirà a costruirsi un suo “perché”, una sua posizione. Vivrà nell’apatia e nella consapevolezza che “essendo le cose andate così” è palese che è priva di qualsiasi forma di talento e dunque deve accontentarsi trovando un uomo che le dia “sicurezza e stabilità”. Semplicemente si perderà in vite che non le appartengono mentre Valerio smarrirà i suoi ideali per intraprendere una carriera che tutto è tranne un qualcosa di suo.
Marta, personaggio delicatamente presente ed assente, è forse l’unica protagonista “sana” perché priva di contaminazioni. Vive nella sua Roma, fa ciò che ama ed è libera. Ha un fidanzato e non sente il bisogno di tradirlo, si accontenta di ciò che viene ed è fiera di ciò che ha, non si lamenta mai. E’ ironica, semplice ma sincera. Perché essere ambiziosi e dover cercare un qualcosa che nemmeno nei fatti desidera se ciò che ha è tutto ciò che mai potrebbe bramare? La sua non è arrendevolezza, non è un “non voglio di più”, è un essere consapevoli di ciò che si ha, esserne fieri, dargli valore per ciò che è. E’ saper apprezzare, qualità oggi rara.
La penna della Bonvicini ricostruisce impeccabilmente la storia dell’Italia degli ultimi 40 anni, descrivendo minuziosamente gli avvenimenti salienti che si sono susseguiti in questa fase storica per arrivare poi a delineare come si è giunti al declino non solo economico del nostro paese ma anche morale, culturale e sociale. Un’Italia allo sbando e senza valori è quella che ci viene descritta, ma non è una visione prettamente pessimistica, è un invito a riflettere sul “come e sul perché” si possa essere giunti a questo risultato. Lascia al lettore l’interrogativo: -“Come si può invertire questo circolo vizioso in cui siamo intrappolati?”-.
E’ un romanzo senza pretese ma la storia è caratterizzata da personaggi che si fanno amare ed essendo i fatti narrati un qualcosa in cui chiunque può rispecchiarsi, la narrazione scorre rapida e risulta essere per il lettore concreta e reale. Conciso ed inequivocabile il finale, nel complesso degno di essere letto.
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